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I contadini anarchici: zappa e computer per l’autodeterminazione alimentare

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È una comunità in lotta per affermare principi morali e sociali che stanno alla base del rispetto del buon vivere. Il prodotto finale è la qualità genuina dei prodotti.

E chi glielo dice ora a quei benpensanti schiavi di multinazionali del pensiero e di certa politica che il futuro è già ‘altro’? Quante balle ci hanno raccontato (e continuano a raccontarci) sull’impossibilità di realizzare un nuovo manifesto per il nostro futuro? Il profitto, secondo gli ‘scicchissimi’, è l’unica risposta all’appagamento umano. Punto. 

Peccato per i ‘salottisti’ ma la ‘meglio gioventù’ ha capito che era ora di venire fuori dagli anni di piombo e organizzarsi in “agricoltori custodi” del loro avvenire. “E ad animarli – scrive il Corrierec’è un’idea che coniuga l’impegno dei centri sociali più barricaderi con la professionalità dei paladini dell’agricoltura pulita, senza chimica”.

Sono i contadini anarchici, protagonisti del libro Genuino clandestino scritto da Michela Potito e Roberta Borghesi. Giovani che hanno abbandonato le metropoli e realizzato il sogno di quei contadini che, negli anni ’60 se ne andarono sulle Balze del Valdarno aretino. A differenza loro, gli attuali ‘colleghi’ operano in una miscela di impegno, ideali e concretezza. Producono pane, arano, zappano, seminano e allevano animali. Lo scopo è quello di dare alla terra quello che le spetta e senza sfruttarla.  

“Genuino Clandestino – si legge sul blog della comunità – nasce nel 2010 come una campagna di comunicazione per denunciare un insieme di norme ingiuste che, equiparando i cibi contadini trasformati a quelli delle grandi industrie alimentari, li ha resi fuorilegge. Per questo rivendica fin dalle sue origini la libera trasformazione dei cibi contadini, restituendo un diritto espropriato dal sistema neoliberista”. Oggi la campagna “si è trasformata in una rete dalle maglie mobili di singoli e di comunità in divenire che, oltre alle sue iniziali rivendicazioni, propone alternative concrete al sistema capitalista vigente attraverso diverse azioni”. Tra le tante quelle di “sostenere e diffondere le agricolture contadine che tutelano la salute della terra, dell’ambiente e degli esseri viventi, a partire dall’esclusione di fertilizzanti, pesticidi di sintesi, diserbanti e organismi geneticamente modificati”.
 
E poi si lotta per il prezzo sorgente per impedire che un prodotto venga acquistato ad un prezzo bassissimo e rivenduto a 30 volte superiore. E gli ‘anarchici’ si sostengono tra di loro con una rete diffusa di 21 siti di coordinamento locale e gruppi d’acquisto.
Costruire un movimento che metta assieme i lavoratori precari della città con i lavoratori precari della campagna” insomma.  
 
Per ottenere tutto ciò la ‘regola’ è rispettare il manifesto:”Genuino Clandestino è un movimento con un’identità volutamente indefinita. Al suo interno convivono singoli e comunità in costruzione, è aperto a tutt*, diffida di gerarchie e portavoce e non richiede nessun permesso di soggiorno o diritto di cittadinanza; è fiero di essere Clandestino e porterà avanti le sue lotte e la sua esistenza con o senza il consenso della Legge.”

E in una società di protagonisti scusate se è poco.

 

Antonio Del Furbo

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