La stampa impiegò pochi istanti per sbattere il mostro in prima pagina per poi crearne un caso nazionale. A distanza di 10 anni si scopre che quel mostro non è mai esistito.
Anzi, quel mostro era semplicemente una proiezione virtuale dell’ego di qualcuno che non riesco a distinguere: giornalista o giudice. “Corruzione e falso. Inchiesta su truffe, videogiochi e prostituzione. Arrestato sul lago di Lecco. Poi trasferito a Sud” titolava il Corriere quel 17 giugno 2006. Il protagonista di quella triste vicenda fu Vittorio Emanuele di Savoia. Fu preso di notte sul Lago di Como e scortato, con le manette ai polsi, fino al carcere di Potenza. “Associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, al falso e allo sfruttamento della prostituzione” titolavano i ‘giornaloni’. Nelle redazioni si slinguazzavano le basette nello scrivere che “Vittorio Emanuele era in cima a un elenco di tredici arrestati e altri undici indagati contenuti in un’ordinanza di oltre duemila pagine firmata dal gip di Potenza Alberto Iannuzzi che ha emesso i provvedimenti d’arresto su richiesta del pubblico ministero Henry John Woodcock“. Quegli altri indagati avevano nomi come Roberto Salmoiraghi, sindaco di Campione d’Italia; Salvatore Sottile, portavoce di Gianfranco Fini; Emanuele Filiberto, figlio di Vittorio Emanuele; Vincenzo Puliafito, ispettore a Courmayeur. Il tutto condito con la notizia di un presunto coordinamento con una famiglia di malavitosi siciliani.
“Sono innocente, assolutamente innocente, estraneo a tutte queste accuse che mi sono rivolte” urlava Vittorio Emanuele di Savoia in quei giorni senza che nessun giornale gli dava retta. “È stato trattato come un bandito” precisava Emanuele Filiberto.“Vedo capi d’accusa” aggiungeva il principe “che non hanno niente che vedere con mio padre, è un fatto molto grave, spero che Woodcock sia certo di quello che sta facendo” perché altrimenti è “l ‘ultima cosa che farà”. Ma la difesa, oltre a non trovare spazi adeguati sulla stampa, nulla potè inquanto il danno d’immagine era stato perpetrato. Dopo appena 11 giorni il gip di Roma Renato Laviola revocò gli arresti domiciliari a Salvatore Sottile accusato di “concussione sessuale ai danni di Elisabetta Gregoraci”.
Oggi, la nostra repubblica, dovrà risarcire Vittorio Emanuele di Savoia di 40mila euro per i sette giorni in passati in cella. Il ‘re’ è stato prosciolto da tutte le accuse e la corte d’appello di Roma ha ordinato al Ministero dell’economia di staccare l’assegno. Una repubblica che però non risarcirà Vincenzo Puliafito, accusato di aver ricevuto una mazzetta di mille euro da Vittorio Emanuele di Savoia per chiudere un occhio su un controllo alla frontiera. Nessun rimborso delle spese legali e ora che ammontano a 143 mila euro. Una sofferenza durata otto anni finita con un’archiviazione. Comandante integerrimo del Nucleo binazionale alla frontiera del traforo del Monte Bianco con il grado di ispettore superiore. Suo era il compito di coordinare agenti italiani e francesi per la sorveglianza tra i principali snodi da e verso il Nord Europa.
Anche lui urlò la sua innocenza:”E’ un errore e lo dimostrerò“. Lui quel 3 novembre 2005 era in servizio a Bardonecchia come responsabile del sito olimpico. Ma anche qui il danno era stato fatto, il mostro era stato creato e ai giornalisti non interessava la sua difesa. “Sono stato rovinato economicamente e umanamente dalla giustizia e da Woodcock che non volle mai ascoltarmi, ma anche da uno Stato che ripaga così chi ha passato la vita a cercare di rendere onore a una divisa. Vi rendete conto dell’assurdità? Se io non fossi stato un poliziotto non sarei mai finito per errore in quell’inchiesta? Ora sono in pensione, ma ho una partita Iva, sono costretto a continuare a lavorare per pagare, anche se non è tanto l’aspetto economico che mi fa male, io sono nato povero e me ne vanto. Mi fa stare molto peggio l’umiliazione”.
Antonio Del Furbo