La protesta degli agricoltori continua. A Pozzallo, all’arrivo di grano dal Canada, hanno fermato i tir con il grano estero. “L’Ue non ci può dire di tenere i campi incolti e far venire, poi, il grano dal Canada” – di Antonio Del Furbo
Grani ucraini e canadesi. La protesta dei coltivatori agricoli trova spazio a Pozzallo. Una folta schiera di manifestanti si è radunata per esprimere il proprio dissenso, richiedendo un cambiamento nell’approccio dell’Europa e una maggiore indipendenza di pensiero da parte dei rappresentanti politici locali.
Il porto di Pozzallo, nota porta d’ingresso per numerose navi cariche di grano trattato con glifosato, sostanza erbicida vietata dall’Unione Europea per via dei suoi presunti rischi per la salute umana.
Marcello Guastella, portavoce del movimento, mette in luce la discrepanza evidente che caratterizza il “caso del grano” in Italia. “Il controllo delle erbe infestanti rappresenta uno degli oneri principali nella coltivazione del grano”, afferma. “Il glifosato offre un’eccellente soluzione economica a questo problema, riducendo drasticamente i costi di produzione. Tuttavia, l’Unione Europea ha bandito questo erbicida per i suoi presunti effetti cancerogeni. È difficile per il consumatore comprendere questa contraddizione: come è possibile vietare una sostanza e allo stesso tempo consentire il consumo di prodotti trattati con essa? Chiediamo all’Unione Europea di proteggere le nostre produzioni agricole da importazioni che mettono a rischio la nostra competitività e la salute dei consumatori. È essenziale un intervento immediato da parte del governo per affrontare questa situazione”.
Un altro manifestante aggiunge: “Siamo qui oggi per due motivi fondamentali: per difendere gli interessi degli agricoltori, che soffrono da anni a causa di una crisi sempre più profonda, e per ribadire l’importanza della tutela della salute pubblica, un dovere che spetta alle istituzioni competenti. La sicurezza alimentare è un argomento cruciale per la salute di tutti noi, e ciò richiede maggiori misure di controllo e protezione”.
Il glifosato vietato in Europa
Il glifosato, un diserbante ampiamente utilizzato per la sua efficacia e convenienza economica, è oggetto di crescente preoccupazione per le sue potenziali implicazioni sulla salute umana. Viene applicato nei campi prima della semina per eliminare le erbacce, ma in alcuni paesi come Canada e Stati Uniti, dove il clima è diverso, viene utilizzato anche come agente di asciugatura, contribuendo così alla sua diffusione nei prodotti alimentari.
Questo metodo di produzione può portare alla contaminazione dei semi di grano, influenzando quindi anche farine e semole utilizzate per la produzione di alimenti come pane e pasta. La protesta a Pozzallo è un richiamo all’attenzione sulle sfide legate alla sicurezza alimentare e alla necessità di regolamentazioni più rigorose per proteggere sia gli agricoltori che i consumatori.
Coldiretti ricorda che in Canada il glifosate (o glifosato) viene utilizzato in preraccolta come agente di asciugatura, pratica vietata in Italia.
Questo non solo solleva preoccupazioni per la salute pubblica, poiché tracce di questo erbicida possono finire nei prodotti a base di grano (sebbene spesso in quantità minime o entro i limiti di legge), ma costituisce anche una forma di concorrenza sleale nei confronti degli agricoltori italiani che evitano l’utilizzo di questo prodotto tossico nelle loro coltivazioni.
Questo problema non è nuovo ed è stato affrontato in vari articoli nel corso degli anni. La situazione colpisce duramente le produzioni italiane, come denuncia Coldiretti Puglia:
“La richiesta di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e concorrenza sleale derivante dalle importazioni estere, soprattutto da regioni del mondo che non rispettano gli stessi standard di sicurezza alimentare e ambientale vigenti in Puglia e in Italia. Questa situazione ha portato alla scomparsa di circa un campo su cinque e alla perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati nel corso dell’ultimo decennio, con conseguenze gravi sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente”.
Un interrogativo naturale è: dove finisce il grano canadese una volta importato in Italia?
Viene principalmente utilizzato per soddisfare le esigenze del mercato nazionale o viene destinato alle esportazioni?
La risposta non è chiara e definitiva, anche se sappiamo che alcune marche di pasta italiana utilizzano miscele di grano provenienti dall’Unione Europea e da paesi terzi (quindi è plausibile che possa esserci grano canadese). Tuttavia, è importante rassicurare i consumatori: vengono effettuati numerosi controlli lungo tutta la filiera, e in alcuni casi sono stati identificati e bloccati carichi di grano estero contaminati (non necessariamente da glifosate).
Nessun dazio al grano ucraino per Lollobrigida
Il ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha annunciato che sono in corso negoziati per trovare un nuovo accordo sul rinnovo dello stop dei dazi agroalimentari provenienti dall’Ucraina, al fine di garantire un equilibrio dei prezzi nel mercato europeo senza pregiudicare l’Ucraina.
Lollobrigida ha reso chiara questa posizione durante una conferenza stampa svoltasi in occasione del Consiglio Ue Agricoltura, dove è stato affrontato il tema su cui domani voteranno gli ambasciatori dei Ventisette Stati membri.
Il dossier è stato oggetto di discussione tra i ministri europei, che hanno anche incontrato le delegazioni di Francia, Cipro, Grecia, Croazia, Slovenia e Spagna per elaborare una posizione comune. Lollobrigida ha sottolineato l’importanza di un’azione concertata dell’Europa per proteggere la propria produzione e gli imprenditori del settore agricolo.
E se il grano ucraino fosse cancerogeno?
Mentre il dibattito sul glifosato, un diserbante ritenuto cancerogeno, continua a infiammare le discussioni, una nuova preoccupazione emerge dall’Ucraina con l’allarme “bombe russe” sui depositi di grano nel paese. “Un sospetto – quello del grano radioattivo – lecito visto ciò che è successo con in Kosovo con l’uranio impoverito” spiega Dino Rossi del Cospa Abruzzo. “Perché dovremmo fidarci? E soprattutto c’è da capire perché dobbiamo importare grano dall’Ucraina mentre a noi fermano le produzioni e gli aiuti statali” conclude Rossi.
Recentemente, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha riportato il decesso di un soldato russo a causa dell’esposizione alle radiazioni della centrale nucleare di Chernobyl, insieme ad altri 26 ricoverati. Si sospetta che il movimento dei veicoli militari nell’area abbia sollevato polvere radioattiva, contaminando così i soldati russi. Maurizio Martellini, fisico nucleare, ha condannato tale azione come “idiota”, aggiungendo che i soldati non erano adeguatamente protetti.
Tuttavia, la minaccia nucleare non è l’unico problema.
La contaminazione dei soldati russi è insignificante rispetto all’impatto ambientale devastante causato dai bombardamenti quotidiani, che rilasciano uranio impoverito e altri metalli inquinanti. Questo solleva interrogativi cruciali sul destino del grano e degli altri cereali coltivati in Ucraina e successivamente esportati nel mondo.
Il glifosato, che è stato recentemente riabilitato dall’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche come non cancerogeno, continua ad essere controverso, poiché è stato associato a danni ambientali e per la salute umana. Analogamente, l’uranio impoverito, utilizzato in conflitti militari, ha sollevato preoccupazioni per i suoi effetti nocivi.
L’Ucraina, un importante esportatore di grano duro, ora si trova nel bel mezzo di una crisi a causa della guerra, sollevando dubbi sulla stabilità dell’approvvigionamento globale di grano. Questa situazione evidenzia le contraddizioni della politica agricola dell’Unione Europea e dei governi “europeisti”, che hanno sacrificato i seminativi nel sud Italia e in Sicilia per favorire le importazioni di grano dal Canada e dall’Ucraina.
Con i cambiamenti climatici e la guerra in corso, l’Unione Europea sta rivisitando la sua politica agricola, ma resta da vedere se questa nuova direzione sarà davvero vantaggiosa per gli agricoltori e i consumatori europei.