Un tempo erano quelli che dovevano combattere il potere. Quelli che avevano la missione per conto del popolo di aprire i parlamenti come scatolette di tonno. Ma quel tonno è andato a male nel momento in cui se lo sono mangiato. Ora sposano il governo Draghi.
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Hanno fatto il Conte 1, il Conte 2 e per un pelo non sono riusciti a fare il Conte 3. Disposti a tutto pur di incassare credulità popolare e assegni per pagare mutui. Se un giudice ci fosse, in Italia li condannerebbe per circonvenzione d’incapaci. Ma si sa, nel Paese i giudici hanno tutti il cuore troppo vicino al buco del culo.
Ora che Mario Draghi – il simbolo del potere – è arrivato alla presidenza del Consiglio tutti applaudono in nome della salvezza italiana. E dell’orgoglio patriottico. A proposito, appunto, sovranisti ed estremisti di destra – vedi Lega e compagnia bella – sono passati in un batter d’occhio dall’europeismo dei popoli all’europeismo dei Draghi. Ma loro possono farlo perché – si sa – da quelle parti l’ignoranza è l’oppio del loro popolo. E la bandiera che tanto sventolano la usano – a limite – per pulirsi le poltrone in cui si accomoderanno per gestire soldi, tanti soldi. Ad esempio quelli del Mes e del Recovery fund.
E, dunque, tutti vanno bene. Evviva l’ammucchiata. Evviva la gang bang in nome del popolo sovrano. Salvini chiede ministri e apre a esecutivo di tutti. Baci, abbracci, tra i Zingaretti e i Di Maio, tra i Toninelli e i Salvini. Con la benedizione del tanto odiato caimano, quello dello stalliere della mafia in casa. Lo stesso che ha una forte amicizia con Dell’Utri.
Ben vengano i “patti dei nazareni” 4.0 allargati anche ai 5 stelle.
Un patto che porterebbe il sorridente e incapace Zingaretti a fare il ministro per rimetterlo in gioco. E fare massacri o al ministero della Difesa o allo Sviluppo economico. Pensate un po’: uno che non distingue tra un’influenza e il Covid. Per un Zingaretti che entra un Gualtieri che esce nonostante l’appoggio dell’intera Confindustria (altro potere forte che i cialtroni dovevano combattere). Tanto Luigi Di Maio è impegnato a spingere – e a convincere – gli alleati a farsi ridare lo stesso ruolo agli Esteri. Mentre i 5 elettori che lo acclamano sono genuflessi ad attendere il voto su Rousseau.
“Ho incontrato diversi parlamentari e ministri qui a Roma – dice Casaleggio – qualunque sarà lo scenario politico possibile c’è ampio consenso sul fatto che l’unico modo per avere una coesione del Movimento 5 Stelle sarà quello di chiedere agli iscritti su Rousseau”.
Peccato che gli accordi si fanno a Roma, negli alberghi. E le trattative le conducono i comici: Beppe Grillo e Casaleggio. La torta è grande e devono mangiare tutti. Costi quello che costi, anche una stretta di mano con Silvio. Tanto che una persona seria come Emilio Carelli dice che “il voto sulla piattaforma non servirà a nulla”. E quando da queste pagine dicemmo che i 5 stelle già strizzavano l’occhio a Forza Italia, i diversamente elettori del Movimento ci riempirono di minacce e insulti.
Antonio Tajani – quello che vuole il governo dei migliori – spetterebbe lo Sviluppo economico oppure gli Affari europei. Il Cavaliere, inoltre, spinge per promuovere un tecnico d’area alla Giustizia. E i grillini muti. Italia Viva dovrebbe confermare Teresa Bellanova. Azione, infine, punta su Carlo Calenda.
Fuori dai giochi – si fa per dire – Giorgia Meloni che urlato: “Nun famo accordi con nisuno, al massimo c’asteniamo”.
Il balletto è appena iniziato. Con quelle facce come il culo.