Sarà per paura che il governo possa cadere, fatto sta che i conti degli onorevoli a 5 stelle si stanno ingrossando a dismisura tanto che, da tempo, quasi la metà dei parlamentari ha smesso di restituire parte del compenso.
Al fondo per il contrasto della povertà educativa infantile, sono andati 970mila euro delle passate restituzioni. Altri 590mila sarebbero dovuti andare a un fondo per il diritto al lavoro dei disabili. E, ancora, 440mila a quello contro la violenza sulle donne. Ma i soldi non sono mai arrivati perché, come spiega Repubblica, quei fondi non sono attivi. Non esiste un codice iban in cui versare. Il problema, assicurano da Camera e Senato, verrà risolto presto ma il dubbio è che i fondi residui che rimarranno sul conto del comitato per le restituzioni andranno, al momento dello scioglimento, all’associazione Rousseau presieduta da Davide Casaleggio. Lo scioglimento del comitato è previsto entro 90 giorni dalla fine della legislatura. “Se si interrompesse bruscamente, dicono i parlamentari più riottosi, ci sarebbero altri soldi per la già nutrita cassaforte M5S (cui vanno già obbligatoriamente 300 euro al mese per ogni deputato, senatore, membro del Parlamento europeo o consigliere regionale). Senza contare gli interessi già maturati sul conto milanese della Banca Profilo di via Cerva, che fa capo al fondo Sator di Matteo Arpe”.
Conti alla mano, ben 155 parlamentari sui 326 del M5S in Parlamento sono in ritardo con i pagamenti. Entro il 10 maggio avrebbero dovuto contabilizzare le restituzioni di gennaio e febbraio, ma oltre la metà non l’ha fatto.
Alla Camera, il più ritardatario è l’attore Nicola Acunzo insieme a Flora Frate. Ma sono indietro anche sottosegretari come quello agli Esteri Manlio Di Stefano e ministri come Danilo Toninelli, fermi a ottobre. E anche Riccardo Fraccaro, Vito Crimi, Barbara Lezzi, che al 10 maggio — com’era previsto — non hanno ancora contabilizzato gennaio e febbraio.