Il metodo, purtroppo, è sempre quello: sbattere il presunto mostro in prima pagina con tanto di avviso di garanzia e poi farlo “processare” al popolo. Certo, la cosa non è stata inventata dalla magistratura italiana e neppure, se mi permettete, dalla politica che, per una volta, non c’entra nulla. La questione, infatti, risale a qualche tempo fa quando, un famoso governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero a loro scelta. di Antonio Del Furbo
“Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?” urlò tale Ponzio Pilato al popolo affamato di giustizia. E il popolo, ovviamente, rispose:“Barabba”.
Ecco, diciamo che le cose dall’anno 30 d.C. non sono cambiate molto. Anzi, diciamo pure che sono peggiorate. Abbiamo un popolo, ignorante, e abbiamo una stampa che divora la dignità umana. Abbiamo una magistratura, inefficiente, e una politica inadeguata.
E chi paga le conseguenze del disastro? Il cittadino, ovviamente.
Accade così, che un magistrato come Giuseppe La Rana venga indagato e sia costretto a subire, insieme ad altri, un iter giudiziario infinito partito nel 1998. Oltre 10 anni di udienze, venti magistrati tra inquirenti e giudicanti, dodici imputati, quattrocento testimoni, venti difensori di fiducia delle parti coinvolte, due sentenze di non luogo a procedere. Costo stimato in cinquecentomila mila euro circa.
Chi paga? Noi ovviamente.
Il magistrato vastese, all’epoca in servizio alla Corte d’appello di Campobasso, fu indagato a Bari per abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta su presunte irregolarità relative al rilascio delle concessioni degli ombreggi. L’inchiesta riguardò 12 concessioni che, secondo l’accusa, sarebbero state rilasciate alla società di cui è amministratrice la moglie di La Rana. Concessioni, sempre secondo i giudici, riconducibili alla figura e al peso che a Vasto avrebbe avuto il magistrato.
Quindi?
Quindi vennero interrogati a Vasto alcuni ex assessori e rappresentanti della giunta, acquisiti documenti nella sede della Regione e del Comune. A conclusione delle indagini, il Pm chiese il rinvio a giudizio per La Rana ipotizzando a suo carico i reati di tentata concussione, il favoreggiamento per la vicenda legata alla gestione del Progetto Giovani del Comune di Vasto, l’abuso d’ufficio per le inchieste istruite in qualità di Pm alla Procura di Vasto sul Prg e sulla ristrutturazione dei Palazzi scolastici di Corso Italia, il concorso in calunnia, il concorso nella violazione di sistemi informatici e nella rivelazione del segreto d’ufficio.
“Sinceramente la mia convinzione è che se mi fossi chiamato Mario Rossi difficilmente mi sarei trovato coinvolto in questa vicenda” disse in un’intervista La Rana. “Nell’estate del 2003 ebbi a subire un’aggressione giudiziaria da parte di politici vastesi che erano stati da me indagati quando svolgevo le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica di Vasto. Tale iniziativa fu preceduta, nel giugno dello stesso 2003, da altra aggressione ai miei danni, portata avanti dal free press di proprietà dell’attuale Consigliere regionale Giuseppe Tagliente, che si occupò, in modo martellante e gratuitamente denigratorio, della nota vicenda degli “ombreggi” e cioè di concessioni balneari rilasciate per una sola stagione, dalla Regione Abruzzo, a oltre cento persone, tra le quali anche miei familiari.
Un’operazione, insomma, studiata a tavolino da alcuni politici per infangare il nome del magistrato. Per quale motivo?“nel tentativo di crearmi una incompatibilità ambientale al fine di impedirmi un ritorno, in qualità di Procuratore della Repubblica, presso gli uffici giudiziari di Vasto” aggiunse ancora La Rana. tesi confermata dal Gip di Chieti che scrisse:“il dr. La Rana fu vittima di una vera e propria spedizione bellica, premeditata, organizzata e studiata nei particolari”.
Nel tritacarne finirono ex cancellieri della Procura di Vasto, l’esponente di Forza Italia Stefano Moretti, il Presidente del Consiglio comunale Giuseppe Forte e l’imprenditore Giovanni Petroro. La parte offesa, manco a dirlo, fu il consigliere regionale Giuseppe Tagliente. Le indagini durarono fino al giugno del 2006, data in cui il P.M. di Bari richiese l’archiviazione per quindici episodi, tra i quali anche la vicenda “ombreggi”, e il rinvio a giudizio, insieme agli altri undici imputati, per le residue quindici ipotesi di reato.
Risultato? Il Tribunale di Bari, nell’udienza del primo luglio 2011assolse da tutti i reati La Rana ritenendo la “evidente insussistenza dei fatti”. Ma La Rana, non contento, rinunciò alla prescrizione per gli altri sei fatti che andavano dal favoreggiamento personale, al concorso in rivelazione di segreti di ufficio, all’accesso abusivo al sistema informatico e alla calunnia. Anche il Giudice dell’udienza preliminare di Vasto assolse il magistrato per “insussistenza dei fatti” in ordine a cinque contestazioni e “perché il fatto non costituisce reato” in ordine all’ultima ipotesi di reato.