Palazzo dei Marescialli parrebbe voler togliersi quanto prima il peso dell’inchiesta sulla loggia Ungheria dalle proprie spalle. Una storia fatta di documenti nascosti, rapporti tra politici, colletti bianchi e giudici che avrebbero condizionato la giustizia italiana.
Giustizia e potere. Carte diffuse al di fuori di qualunque procedura, e che riguardano le dichiarazioni rese dall’avvocato Piero Amara, già indagato per vari episodi di corruzione e per il depistaggio Eni, sulla presunta partecipazione di magistrati e alti vertici istituzionali ad una loggia segreta, Ungheria.
A volerci vedere chiaro è la procura di Perugia di Raffaele Cantone che ha già aperto un’inchiesta che conterebbe sei indagati: l’obiettivo è verificare se si tratti una calunnia. Oppure no. Intanto Roma ha avviato iniziative disciplinari, in due note ufficiali firmate dal vicepresidente del Csm, David Ermini, e dal Pg Giovanni Salvi. Nel mirino c’è il pm milanese Paolo Storari. Ma anche l’ex consigliere Piercamillo Davigo. Mentre un’indagine a parte dei pm romani colpisce la funzionaria del Csm, già sospesa, Marcella Contrafatto. La donna è accusata di aver “diffuso” lettere anonime e parte di quei verbali ai giornalisti.
Mattarella si tira fuori
Nonostante il vice del Csm tenta il contatto con la Presidenza della Repubblica ma dal Colle si respinge ogni domanda: il Quirinale non si sente minimamente tirato in ballo, non ha nulla da dire, ci sono indagini in corso. “Il Csm è obiettivo di un’opera di delegittimazione” e “auspico la più ferma e risoluta attività d’indagine da parte dell’autorità giudiziaria al fine di accertare chi tenga le fila di tutta questa operazione”, scrive Ermini. Che aggiunge: “Una funzionaria del Consiglio, in seguito alla perquisizione, è stata immediatamente sospesa dal servizio. Eventuali sue responsabilità o di altri per condotte individuali non riferibili al Consiglio sono oggetto di indagine”.
L’ira di Salvi
Poco dopo, arriva la severa e dettagliatissima nota del Pg , Salvi.
“Nella tarda primavera dell’anno passato, il consigliere Piercamillo Davigo mi disse che vi erano contrasti nella Procura di Milano circa un fascicolo molto delicato, che riguardava anche altre procure e che – a dire di un sostituto (Storari, ndr) – rimaneva fermo; nessun riferimento fu fatto a copie di atti. Informai immediatamente il Procuratore di Milano. In un colloquio avvenuto nei giorni successivi nel mio ufficio, il 16 giugno, il dottor Greco mi informò per grandi linee della situazione e delle iniziative assunte. Si convenne sulla opportunità di coordinamento con le procure di Roma e Perugia (…) e risultò proficuo. Né io né il mio ufficio abbiamo mai avuto conoscenza della disponibilità da parte del consigliere Davigo o di altri di copie di verbali di interrogatorio resi da Amara a Milano. Di ciò ho appreso solo a seguito delle indagini delle procure interessate (…). Si tratta di una grave violazione dei doveri del magistrato, ancor più grave se la diffusione anonima dei verbali fosse da ascriversi alla medesima provenienza”. “Non appena pervenuti gli atti necessari, la Procura generale valuterà le iniziative disciplinari conseguenti alla violazione del segreto”.
La versione di Storari e Davigo
“Nessuna violazione. Il segreto non è opponibile aqi consiglieri”, tira dritto anche ieri Davigo. “Avevo informato chi di dovere”, ripete, prima che Salvi lo smentisca sulla completezza di quel suo racconto. E Storari da Milano fa sapere alle persone più vicine: “Non ci sto a passare per uno che viola il segreto. Mi ero rivolto a un consigliere del Csm, volevo solo tutelarmi”.
L’inchiesta
La procura di Roma procede con il suo lavoro. Ha in piedi due fascicoli: uno per calunnia e un altro per rivelazione del segreto istruttorio. Iscritta nel registro degli indagati c’è la funzionaria del Csm Marcella Contrafatto. La Procura è certa che a far recapitare i plichi con i verbali di Amara, evidentemente sottratti al consigliere Davigo, prima alla redazione del Fatto e poi a quella di Repubblica, sia la cancelliera Marcella Contrafatto. Ed è sempre lei ad averli consegnati al consigliere Nino di Matteo: da qui la denuncia di calunnia. Nella lettera di accompagnamento al plico c’erano accuse al procuratore di Milano Greco. E Di Matteo, in quanto membro del Csm, è da considerarsi un pubblico ufficiale. La Contrafatto – che è compagna di un magistrato, Fabio Gallo, ora in pensione – ha presentato – con il suo avvocato Alessia Angelini – il ricorso al tribunale del Riesame contro il sequestro del materiale informatico e dei documenti, anche di altre indagini, che le è stato fatto.