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Giustizia e Covid-19, l’emendamento Bonafede che permette “processi a casa dei giudici”

Giustizia e Covid-19, l'emendamento Bonafede che permette "processi a casa dei giudici"
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La nuova stretta del Governo produrrà “Conseguenze devastanti” in ambito giudiziario. Secondo gli avvocati dietro la lotta al Covid-19 lo Stato ha messo a punto procedure sbrigative nell’ambito del processo penale. Si tutela, in sostanza, il diritto alla salute ma non quella alla giustizia.

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha portato all’esame del Consiglio dei ministri un pacchetto di provvedimenti che prevede la proroga per un altro mese, fino all’11 maggio, del blocco delle udienze. Contestualmente, su richiesta degli avvocati, vengono inserite una serie di misure sul fronte della giustizia tributaria. L’obiettivo è quello di espandere alle cause con il fisco la possibilità di tenere udienze a distanza.

L’emendamento “nascosto”

A scuotere gli animi degli avvocati, però, è stato un emendamento partito proprio dagli uffici del Guardasigilli: si tratta di modifiche che il governo intende apportare al decreto Cura Italia del 20 marzo scorso al momento in cui dovrà essere ratificato dal Parlamento. Oltre all’allungamento dei tempi delle indagini e alla sospensione della prescrizione già voluta da Bonafede, il pacchetto punta ora ad allargare a dismisura la possibilità per i giudici di tenere udienze senza nessuno davanti, e quindi anche da casa propria.

A poter assistere all’udienza soltanto attraverso il monitor di un computer non saranno solo gli imputati ma anche tutte le parti processuali. Per l’Ucpi, l’unione dei penalisti, “siamo di fronte ad un vero e proprio modello di processo dematerializzato”. “Lo strappo con i principi costituzionali è evidentissimo”. Come se non bastasse, in Cassazione i giudici decideranno i processi solo sulla base delle carte, senza ascoltare né l’accusa né la difesa. Se un avvocato vorrà prendere la parola, i termini di prescrizione verranno sospesi, benché si tratti del semplice esercizio di un diritto.

Decisioni in camere di consiglio virtuali

L’Ucpi le critiche più pesanti le riserva alla innovazione che il governo punta a introdurre nel decreto col comma 12 quater. Si tratta di quella che prevede che per tutti i processi, civili o penali, sospesi o non sospesi, i giudici possano prendere le loro decisioni in camere di consiglio virtuali, collegandosi da casa loro con i colleghi. “Trattasi di una totale violazione dei principi irrinunciabili che sovraintendono alla deliberazione della sentenza, compreso quello della segretezza della camera di consiglio – scrive l’Unione – si tratta di una scelta che potrebbe produrre conseguenze devastanti”. E non sono esclusi neanche i processi di competenza delle Corti d’assise. “Emerge in tutta la sua drammatica evidenza l’assenza di garanzie non solo in ordine alla segretezza ma anche alla impermeabilità ai condizionamenti esterni di coloro che sono chiamati a giudicare”.

Il tema è che una giustizia emergenziale possa far saltare il sistema delle garanzie. Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Ucpi, sta infatti lavorando alla creazione di uno schieramento bipartisan che porti a rispedire al mittente l’emendamento. Non tutti nel Governo, infatti, sono d’accordo sulle misure.

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