Si è tolto la vita Giuseppe De Donno, l’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova. Il medico che per primo l’anno scorso aveva iniziato la cure del Covid con le trasfusioni di plasma iperimmune, la controversa terapia che prevedeva l’infusione di sangue di contagiati dal coronavirus, opportunamente trattato, in altri pazienti infetti.
De Donno aveva 54 anni e si era dimesso dall’ospedale di Mantova ai primi giorni di giugno per cominciare, lo scorso 5 luglio, la nuova professione di medico di base a Porto Mantovano.
L’ex primario si è suicidato. Abitava a Curtatone con la moglie e una figlia.
De Donno, assieme a Massimo Franchini, primario della Immunoematologia e Trasfusionale del Carlo Poma, aveva iniziato a trattare i pazienti affetti da Covid che arrivano ormai stremati al Poma con la terapia del plasma iperimmune. Questa pratica era diventata nella primavera dello scorso anno l’unica arma contro il coronavirus, almeno nelle fase iniziali della malattia. In poco tempo diventò il primario più conosciuto d’Italia.
Gli attacchi a De Donno
Non tutti, però, nel campo della medicina erano convinti delle teorie (e delle prstiche) di De Donno. Molti suoi colleghi si scatenarono contro di lui. Ma De Donno tenne duro riuscendo ad ottenere una sperimentazione del suo metodo con l’università di Pavia. Alla fine, però, la medicina ufficiale non ritenne che quello fosse la cura più indicata per il Covid. In molti guarirono legandosi per sempre con eterna gratitudine al primario mantovano. Giuseppe De Donno diventò primario facente funzione delle Pneumologia del Carlo Poma nel settembre del 2018 e poi nel dicembre dello stesso anno vinse il concorso da primario effettivo.
De Donno era conosciuto anche al di fuori degli ambienti ospedalieri per essere stato in passato vice sindaco di Curtatone. Diploma al liceo classico, conseguì la laurea in Medicina e Chirurgia all’università di Modena con 110 e lode.
LEGGI ANCHE:
- Giuseppe De Donno: l’ipotesi è di omicidio colposo
- Giuseppe De Donno, il medico fragile e gentile
- Giuseppe De Donno era stato escluso dalla banca del plasma voluta dalla Asst di Mantova. “Vado a studiare” le sue ultime parole
Dopo gli studi universitari ha completato la sua formazione attraverso diversi corsi di perfezionamento in fisiopatologia e allergologia respiratoria raggiungendo la specializzazione nel 1996. Dal 2010 al 2013 fu responsabile della struttura semplice “Programma di assistenza domiciliare respiratoria ad alta intensità per pazienti dipendenti della ventilazione meccanica domiciliare” e nel 2013 diventò dirigente medico della struttura complessa di Pneumologia e Utir (unità intensiva respiratoria) dell’Asst Carlo Poma.
L’uomo fragile e il medico intransigente
Il professore già a fine maggio aveva deciso di prendersi “mesi sabbatici” lontano dalla corsia. Da settimane, quindi, era “assente per malattia”, un modo per “ritrovarsi” e cercare di far luce tra le ombre che lo accompagnavano da tempo. Un ottimo medico, che ha salvato vite con il suo plasma iper-immune, ma uomo fragile che alla fine si è piegato al buio. Un’anima combattuta e perennemente in bilico, come traspare dai post affidati ai social. A fine 2020 scriveva:
“Mai come in questi giorni, a Roma, ho capito come è strana la vita. Ti prende, ti lascia, ti riprende. Come il mare. Come il sole. Come il cuore. Il silenzio. Il rumore. Il dolore”.
“La vita è fatta così. Ti rapisce per poi ferirti. Ti rialzi e vai avanti. Non ti volterai mai indietro. Assordante, lunghissimo, silenzio. Dopo tanto rumore. Si. Era solo rumore. La vita. Che strana che è. Ci vuole tantissima forza. Tantissimo coraggio. Tantissima serenità. La vita. Un cammino”
L’addio all’ospedale e la nuova vita
“Ci siamo incontrati e parlato del suo futuro – ha chiarito Raffaello Stradoni, dg dell’Asst di Mantova a Repubblica -. Da medico di base sarebbe stata una risorsa preziosa, come del resto lo era in corsia. Forse l’unico rammarico è proprio quello di non averlo saputo salvare così come lui aveva fatto con decine di suoi pazienti”.
L’inchiesta
La procura di Mantova ha aperto un’inchiesta. Gli inquirenti, che hanno già sentito i familiari e sequestrato cellulari e computer del medico, vogliono accertare eventuali responsabilità di terzi.