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Giovanni Legnini, la chiacchierata con Pomicino e gli aiutini agli amici

Giovanni Legnini, la chiacchierata con Pomicino e gli aiutini agli amici
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Le correnti del Consiglio superiore della magistratura hanno cercato di rallentare la sentenza riguardo il procedimento disciplinare a Woodcock. Sentenza che slittò, probabilmente, anche per il fuoco incrociato in cui è coinvolto l’ex vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini.

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E Raffaele Cantone a Perugia ha aperto un’inchiesta sul giro di ricatti tra toghe.

Il fascicolo sarebbe contro noti e quindi avrebbe già uno o più nomi iscritti sul registro degli indagati. Verosimilmente dei magistrati. Il tutto nasce da alcune dichiarazioni rilasciate lo scorso 26 gennaio dall’ex pm Luca Palamara di fronte alla Procura generale della Cassazione.

I fatti

Quel giorno l’ex presidente dell’Anm venne chiamato a rispondere del presunto aiutino dato a un suo vecchio amico in sede di sezione disciplinare al Csm e lui, alla fine dell’esame, rilasciò spontanee dichiarazioni sui procedimenti disciplinari che avevano riguardato il pm anglo-napoletano Henry John Woodcock, ma anche un big di Magistratura democratica come Gilberto Ganassi.

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Quest’ultimo è stato procuratore aggiunto di Cagliari e nel 2016 il suo caso fece un certo scalpore perché venne accusato di aver svolto indagini su un collega con cui era in corsa per il posto di procuratore.

Siamo all’estate del 2018. I procedimenti di Ganassi e Woodcock, incolpati per “grave violazione di legge” e per “grave scorrettezza” nella conduzione dell’inchiesta Consip, slittarono e vennero rinviati al Csm successivo, dove Ganassi e Woodcock sono stati entrambi assolti.

I ricatti incrociati

Dietro al primo rinvio dell’estate del 2018 ci sarebbe, a quanto pare, una storia di ricatti incrociati. Non solo. Ci sarebbe, in particolare, un’intercettazione coperta da segreto, mai resa pubblica, in cui l’allora vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, uno dei “giudici” di Woodcock, avrebbe rilasciato giudizi poco lusinghieri sul pm sotto inchiesta durante una conversazione con l’ex ministro Paolo Cirino Pomicino. Quest’ultimo avrebbe riferito gli apprezzamenti all’imprenditore Alfredo Romeo, in quel momento intercettato proprio da Woodcock. Quindi la conversazione, che avrebbe potuto mettere in imbarazzo Giovanni Legnini, era nella disponibilità della Procura di Napoli, ma anche di quella di Roma a cui erano stati trasmessi gli atti dell’inchiesta Consip.

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L’intercettazione sarebbe stata svelata il 4 luglio del 2018 a Palamara dal collega Giuseppe Cascini, all’epoca pm della Procura di Roma e oggi consigliere del Csm, dove è capogruppo di Area, la corrente delle toghe progressiste. Cascini ha sempre negato tale ricostruzione e ha anche recentemente querelato l’ex collega per questa e altre affermazioni.

Il 26 gennaio Palamara ha riaperto la ferita, che sembrava destinata a rimanere circoscritta a pochi articoli di giornale:

“Con riferimento al procedimento disciplinare a carico di Woodcock [] di cui vi è traccio nella rassegna stampa odierna [], che riporta anche le dichiarazioni del consigliere Cascini, secondo cui mi sarei inventato tutto, sono disponibile a un confronto in questa sede, nonché a indicare tutti i testimoni che sono a conoscenza di tale vicenda e della correlazione con il procedimento disciplinare del dottor Gilberto Ganassi”.

Dopo la lettura del verbale il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, trasmette l’atto al collega Cantone, competente per i reati dei magistrati di Roma. Il 9 aprile Palamara è stato sentito anche in Umbria, dove era accompagnato dai suoi avvocati Benedetto Buratti e Roberto Rampioni, essendo indagato in un procedimento collegato.

Cantone, affiancato dall’aggiunto Giuseppe Petrazzini, esordisce:

“Il Procuratore richiede al dottor Palamara chiarimenti in ordine a quanto dichiarato al Procuratore generale della Corte di Cassazione in data 26 gennaio 2021, in particolare in ordine al procedimento a carico del dottor Woodcock”.

Ovviamente l’ex pm non si è tirato indietro e ha spiegato che la vicenda Woodcock gli è

“sembrata emblematica di come vengono gestiti i procedimenti disciplinari e soprattutto di come le correnti interferiscono nei procedimenti disciplinari più rilevanti e in genere nella vita del Consiglio superiore“.

Durante l’ audizione Palamara aggiunge:

“A proposito del processo Woodcock che sapeva in corso, Cascini mi disse che quel procedimento non l’avremmo fatto e che se ne sarebbe occupato il prossimo Consiglio di cui lui avrebbe fatto parte” e che quindi “sarebbe andata a loro la rogna”.

Il verbale prosegue:

“Mi riferì che Legnini si era lasciato andare a considerazioni negative su Woodcock che avrebbero potuto minare l’immagine della sua imparzialità []. Non mi disse espressamente che Woodcock avrebbe sollevato la questione, ma capii che l’avrebbe fatto []”.

Allora Palamara si sarebbe precipitato dal vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, e questi avrebbe confermato l’incontro con Pomicino e riferito di temere, pur non essendo “preoccupato nel merito”, che “questa vicenda potesse creargli problemi di immagine”, a causa di eventuali “strumentalizzazioni”.

Le chat di Giovanni Legnini

L’ ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, a cui i due avrebbero deciso di rivolgersi, “confermò la portata dell’intercettazione”. Saputa la notizia Legnini sarebbe rimasto “ancora più turbato” e con Palamara avrebbe stabilito “di prendere tempo e di disporre ulteriore attività istruttoria che già di fatto era in piedi”.

Della questione fu informato anche l’allora Pg della Cassazione Riccardo Fuzio. I due tentarono di avvicinare il procuratore di Napoli Giovanni Melillo, il quale però non si fece scucire alcuna notizia sull’intercettazione. Dal Colle fecero sapere che “il Quirinale non dava un’indicazione specifica e lasciava la scelta alla sezione disciplinare su un’eventuale posticipazione delle decisioni.

Palamara ricorda come andò a finire:

“Arrivati all’ ultima udienza si decise di rinviare il processo Woodcock, ma in Camera di Consiglio si stabilì di comune accordo altresì di rinviare anche il processo Ganassi per il quale pure vi erano forti pressioni esterne perché non venisse deciso dal nostro Consiglio”.

La questione accende la curiosità degli inquirenti di Perugia, come si evince da alcuni passaggi del verbale. Palamara ribadisce:

“C’era il problema che questo processo (quello di Woodcock, ndr), come ho detto, era legato all’altro, a quello era legato in senso non di connessione, ma che contestualmente si doveva tenere pure quello lì, Ganassi”.

A questo punto Cantone chiede se ci “fu una sorta di scambio”.

Palamara: “…lo scambio è correntizio. [] non è solo a Cascini che interessava Ganassi, Ganassi pure in Camera di Consiglio interessava”.

Petrazzini: “Cioè do ut des, era ehm?“.

Palamara: “Woodcock poteva essere condannato [], Il problema vero è che poteva essere condannato anche Ganassi. Quindi, anche il processo Woodcock, per Legnini viene rinviato [] viene rinviato per evitare che venga condannato Ganassi. Cioè, chiaro? []Cioè, per dire, non mettiamo in difficoltà Legnini”.

Petrazzini: “Però al contempo”.

Palamara: “però non rompete le scatole su Ganassi”.

Nella ricostruzione dell’ex emerge, però, chiaramente che l’allora consigliere del Csm e Legnini non avevano condiviso con gli altri membri della sezione disciplinare la storia della conversazione con Pomicino.

Cantone pone il problema:

“Sì, ma diciamo, se gli altri non sapevano dell’intercettazione, come si faceva a dire []”.

Palamara: “E vabbè! [] erano tutte e due vicende che – come dire? – ognuno si dava una mano sull’ altra cosa: non tocchiamo [] e se la vedono loro. Questo è un po’ il concetto []. Allora, si decise di rinviare il processo Woodcock, ma in Camera di Consiglio si decide altresì di rinviare anche il processo Ganassi”.

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