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Giornalista: morte di una professione

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In molti stentano a capire che il modello giornalistico è in coma irreversibile. In pochi, probabilmente, sanno che il ‘mercato’ richiede ‘strilloni’ in grado di fare opinione e portare acqua al mulino di chi si contende potere e fama. Il resto non esiste.

“Nell’ambito del diritto e della separazione dei poteri, si indica con quarto potere la capacità dei media di influenzare le opinioni e le scelte dell’elettorato. Il concetto emerse con la diffusione della stampa e l’enorme diffusione della televisione, che è diventata l’unica fonte di informazione per la stragrande maggioranza della popolazione dei paesi democratici, ha reso ancora più attuale il problema del riconoscimento costituzionale“.

La definizione è chiara e non lascia spazio a dubbi. Ma cosa è successo in tutto questo tempo? Il paventato rischio del controllo dell’informazione da parte del potere politico si è realizzato pienamente negli ultimi anni accentrando il potere. Pseudo editori se la sono giocata un po’ come gli pare, a proprio uso e consumo. E quando non hanno avuto più interessi hanno chiuso giornali e tv mandando i dipendenti a casa da un giorno all’altro. Un epilogo scritto visto che, spesso, l’informazione ha ‘spinto’ notizie con poco appeal compromettendo tutta la filiera dell’azienda: pubblicità compresa. Linea editoriale poco interessante, quindi, pochi introiti economici. 

E oggi con internet la partita che continuano a giocare i vecchi blocchi dell’informazione è sostanzialmente persa. Devono fare i conti con la rete, il digitale, con i piccoli brand che lievitano e si attestano sulle prime posizioni dei motori di ricerca e, in sostanza, con nuovi linguaggi e nuove sfide. Una fetta di mercato, sempre più grande, è destinata ad altre forme d’informazione.

Il segnale di questo mondo in crisi è anche la continua battaglia che sindacati e lavoratori continuano a fare per difendere (giustamente) il loro posto di lavoro. Ma anche qui la partita è persa. Linkiesta ha fornito i numeri di questo mondo in declino e ha scoperto che molte testate giornalistiche, pur prendendo un cospicuo contributo pubblico per l’editoria, paga i giornalisti con risibili somme. In Abruzzo il quotidiano Il Centro paga 5 euro lordi ad articoli. La Voce di Romagna 2,5 euro pur ottenendo un contributo pubblico di € 2.5430.638,81. Il Resto del Carlino 2,50 euro fino a 855 caratteri, da 4 a 8 euro per Apcom che però non paga nel caso in cui l’evento per il quale si è avuto l’incarico non si realizza. La Repubblica per 5-6000 battute pagava (nel 2009) 50 euro con un contributo per l’editoria di € 16.186.244,00. Il Sole 24 ore paga € 0,90 a riga con la cessione dei diritti d’autore.


ZdO

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