Giorgia Meloni attacca i magistrati per rafforzare la sua riforma della giustizia, difendendola dalle critiche dell’Anm. La premier critica alcune decisioni giudiziarie e ne sollecita altre. Utilizza il programma Dritto e rovescio su Rete 4 come piattaforma per un contrattacco diretto sui casi specifici.
L’arresto del governatore ligure Giovanni Toti, avvenuto in piena campagna elettorale, è un esempio citato dalla Meloni. Sarà Toti a decidere se dimettersi, ma la premier assicura che, con la riforma, «le cose funzioneranno meglio». Meloni sottolinea la necessità di sanzioni certe per i magistrati che commettono errori, spiegando che l’Alta corte disciplinare è stata istituita anche per questo scopo. Critica “il pm che occultava le prove a favore dell’Eni e non è mai stato punito”. Il riferimento è all’inchiesta bresciana contro i pubblici ministeri Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale. Menziona anche un giudice che durante una festa si è fatto baciare i piedi da un avvocato, poi divenuto suo imputato, senza ricevere alcuna sanzione disciplinare.
La premier denuncia anche la mancanza di iniziativa delle Procure, in particolare quella di Torino.
Afferma che il sermone di un imam all’Università di Torino è “il risultato di una cultura che combatto, per la quale la laicità dello Stato si applica solo contro la religione cattolica. A casa nostra, la propaganda jihadista non si può fare e quindi mi aspetto che ci sia qualche magistrato che si occupi di questa persona”.
Meloni spiega che l’obiettivo della riforma è “liberare il Csm dalle correnti politicizzate”. La premier, in una critica infuocata, non risparmia nemmeno i vescovi, rispondendo alle critiche del presidente della Cei Matteo Zuppi sul premierato con un commento sarcastico: “Non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare”.
La giustizia è il tema centrale.
L’Anm non intende fare concessioni, con i dettagli della mobilitazione annunciata che verranno definiti nel comitato del 15 giugno. La vicepresidente Alessandra Maddalena critica la riforma definendola “contraddittoria, ambigua, e pericolosa”, preoccupata per una magistratura indebolita e intimidita, che opererà secondo criteri burocratici. La mobilitazione potrebbe assumere diverse forme, anche culturali.
Nel frattempo, all’interno della maggioranza c’è una silenziosa disputa tra Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Forza Italia vuole che l’esame del ddl costituzionale inizi dalla Camera, in particolare dalla commissione Affari costituzionali guidata da Nazario Pagano, per controllare i tempi e l’iter della riforma. Fratelli d’Italia, invece, preferisce che la discussione inizi dal Senato, che ha già avviato il dibattito sul premierato. Il partito della Meloni non intende fare concessioni agli alleati, specialmente in vista delle elezioni europee, e sottolinea che il calendario della Camera potrebbe presto essere sovraccarico, con il dibattito sul premierato e il bilancio autunnale in arrivo. “Il governo non ha ancora preso alcuna decisione”, si precisa in serata, lasciando in sospeso la questione.