L’informazione ha sempre ragione?
E chi l’avrebbe detto che dopo tanto sonno anche l’informazione abruzzese si sarebbe svegliata? Sinceramente in molti non credevano alla resurrezione dell’orgoglio giornalistico regionale ma, a quanto pare, la speranza è proprio l’ultima a morire. Negli ultimi anni sono nati centinaia di siti d’informazione ma solo alcuni di loro, purtroppo, sono degni di assoluto rispetto. La stessa cosa sta succedendo ora con la televisione regionale e con il digitale terrestre che arriverà, per grazia ricevuta, a Maggio. Già da tempo sono iniziate le manovre politiche per far partire i soliti carrozzoni creati appositamente per distribuire posti di lavoro agli amici degli amici e, magari, farli sentire protagonisti promuovendoli ad amministratori unici di società cosiddette editoriali. Dunque il ragionamento di alcuni editori è sempre il solito: ragionare con brutte copie di tecniche anni cinquanta mentre si naviga su piattaforme futuristiche. Lo schianto è assicurato. È evidente che anche sul digitale terrestre siamo alla preistoria ed è quindi facile dedurre il livello dell’avanguardia informativa della nostra regione, che è pari a zero. Ma, come accennavo, l’Abruzzo vanta proprio in questi giorni un risveglio delle coscienze giornalistiche in coincidenza, guarda caso, dello scandalo che avrebbe coinvolto il governatore della regione Gianni Chiodi. Mi sono dedicato molto alla lettura dei giornali, dei documenti e delle dichiarazioni del presidente e ho seguito servizi giornalistici che evocavano scenari a dir poco catastrofici nel caso in cui l’onnipotente Chiodi non si fosse dimesso. Risparmiandoci la solita solfa dei particolari sulla vicenda come quella del crac Chiodi-Tancredi, che lasciamo ad esperti editorialisti al soldo di gruppi privati di non chiare finalità societarie, da cittadino potrei affermare che non ho trovato nulla che potesse portare Chiodi a valutare l’ipotesi di dimissioni. La cosa che invece ho trovato particolarmente interessante è che una tv regionale, importante come rete 8, fa riferimento a due editori che operano nel settore sanitario, ovvero Luigi Pierangeli e Lorenzo Spatocco. Poi, su internet, si legge, ad esempio, che nel 2010 i due imprenditori annunciano una fusione delle loro cliniche che, come riporta il Centro, “trova ragione e giustificazione nella necessità di arrivare a una riorganizzazione volta al perseguimento di una maggiore efficienza gestionale, finanziaria ed economica. La fusione non comporta conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori delle società, in quanto il rapporto di lavoro di tutto il personale Spatocco proseguirà senza soluzione di continuità con la società Pierangeli, conservando le condizioni economiche e normative e il rapporto di lavoro in essere alla data di trasferimenti”. E ancora dal Centro “Le due società speravano di recuperare parte del fatturato perduto con l’extrabudget previsto dalla Regione per la mobilità extraregionale, ma la cosa non si è concretizzata. Nella direzione di un recupero di redditività va anche il ricorso al Tar presentato dalla Pierangeli contro l’accreditamento concesso dalla Regione alla clinica Villa Pini. Ma, indipendentemente dalle carte bollate, il mercato della sanità abruzzese, quella pubblica e quella privata, va verso una stagione di sacrifici. E a regime, il piano operativo della sanità abruzzese cambierà profondamente la geografia della sanità regionale. Già con le ristrutturazioni decise da Chiodi e Venturoni, dei 35 ospedali, 22 pubblici e 13 privati, ancora in attività, ne resteranno 29 (16 pubblici e 13 privati). Con l’operazione Pierangeli-Spatocco si scende a 28 (16 pubblici e 12 privati) e c’è da scommettere che il conto si abbasserà ancora.” È evidente che in qualche maniera i colossi imprenditoriali abruzzesi abbiano avuto un attacco politico non indifferente che ha contribuito ad un ridimensionamento delle loro attività. Questo vorrebbe dire che proprio i due imprenditori abbiano voluto vendicarsi nei confronti del governatore attaccandolo dal punto di vista mediatico? Non credo, ma potrebbe pure essere. D’altro canto i giornalisti assicurano piena indipendenza e rispetto della deontologia professionale e quindi non vedo il motivo per cui non credere a questa loro dichiarazione, anche se in qualunque testata giornalistica esiste una linea editoriale da seguire. Altro punto interessante è la partecipazione dell’Ordine dei giornalisti abruzzesi che interviene sulle dichiarazioni di Chiodi e a difesa ovviamente dei giornalisti, difesa che avviene secondo me, a prescindere. Mi sembra strano inoltre che nessuno si senta in dovere di intervenire in difesa di un politico nel momento in cui gli si muovono delle accuse pesanti da parte di compagni di partito o giornalisti che siano. Questo vuol dire due cose: o che siamo un popolo di pecoroni oppure che molti non conoscono la vicenda di cui il governatore è accusato; in questo secondo caso la questione è molto grave. Possiamo fidarci di un editoriale e di qualche stipendiato d’oro per farci un’opinione sui fatti che tracciano il nostro futuro, seppur indirettamente, e affidarci ad un giornalista che siede in consigli d’amministrazione di società? Strano e buffo anche un altro evento: Chiodi indice una conferenza stampa dove spiega punto per punto la verità dei fatti; il giorno dopo l’idv interviene sulle dichiarazioni del giorno prima. I due potrebbero incontrarsi e chiarirsi a vicenda invece, sempre secondo il mio modesto parere, c’è chi alza la posta in gioco per pura visibilità. Pare la stessa logica pare riservata all’ex presidente del consiglio ma in quel caso poteva anche avere un senso. In questo forse no. Fortunatamente, ad alleggerire i pensieri di tutti noi, c’è la speranza che i giornali e i vecchi tromboni legati a doppio filo con il potere politico moriranno pian piano con i primi funerali a partire da quest’anno. La cosa invece preoccupante, e che forse la mia generazione non ricorderà, è la presa di coscienza che ognuno dovrebbe avere e gli strumenti adatti per un’analisi obiettiva dei fatti. Chi fornirà alle nuove generazioni i mezzi per una coscienza critica? Forse da qui bisognerebbe ripartire creando un contatto diretto con i cittadini-elettori. Solo allora potremmo definirci regione d’avanguardia.
di Antonio Del Furbo