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L’ex presidente della Regione Abruzzo non puo’ tornare, almeno per il momento, a fare sonni tranquilli. Dopo la sconfitta elettorale incassa un altro colpo che quantomeno lo preoccupa: il mancato ritiro della scorta.

Agli inizi di aprile e, proprio in coincidenza della riconferma della fiducia da parte di Silvio Berlusconi alla ricandidatura di Chiodi a governatore della Regione Abruzzo per il centro destra, all’allora presidente fu affidata una scorta. La disposizione fu presa sulla base di elementi investigativi emersi da alcune intercettazioni telefoniche ordinate dalla Procura di Torino.

L’ex governatore è costantemente seguito da agenti della Digos e dei Carabinieri e rimarrà sotto scorta fino al 30 settembre prossimo. Sotto controllo resta anche la sua abitazione teramana. Contattato telefonicamente, Chiodi ha ribadito il fatto di essere all’oscuro dei motivi che hanno imposto questa misura restrittiva. “Non so assolutamente nulla: posso dire di non aver ricevuto minacce di alcun genere se non un paio di anni fa quando ignoti mi fecero recapitare alcuni proiettili nella sede di Pescara dell’assessorato alla Sanità”. Poi ha aggiunto:”È evidente che c’è qualcosa che non va. I miei interlocutori, ad oggi, sono stati la questura dell’Aquila e il prefetto Alecci”. 

Sullo sfondo rimane quell’avvertimento recapitatogli a mezzo posta a giugno 2013 quando in una busta vennero trovati proiettili calibro 9×21 con della polvere bianca oltre a una lettera firmata da un sedicente ‘movimento popolare’, la cui sigla secondo gli inquirenti non è mai apparsa in precedenza.

Chiodi, probabilmente, paga scelte fatte per la collettività all’epoca della sua presidenza e che, forse, ha reso inquieto qualche potere forte. E proprio oggi, con la stampa distratta, attenta a riferire delle feste a base di ‘porchette rionali’, che Chiodi è più vulnerabile.

ZdO

 

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