Il tema è serio. Molto serio. Per questo va trattato con la massima cautela. E non è materia, giusto per chiarirlo, di pseudo ambientalisti di pseudo associazioni.
E non è tema, giusto per essere precisi, nemmeno per apocalittici amministratori di pagine facebook con commentatori al seguito che immaginano la fine del mondo tra una scia chimica e una bottiglia di vino ingurgitata in un nanosecondo.
Ad occuparsi della questione è l’Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti e che dice una cosa molto semplice: “Non vi è alcuna soluzione per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra e attenuare le conseguenze negative dei cambiamenti climatici”. Ma la commissione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che ha raccolto in due volumi l’analisi del problema, ha anche analizzato una serie di tecniche d’intervento per l’attenuazione del fenomeno.
Per Marcia McNutt, Waleed Abdalati, Ken Caldeira, Scott C. Doney, Paul G. Falkowski e altri 11 tra ricercatori e capi dipartimento tra i migliori del mondo, l’ipotesi avanzata da alcuni studiosi di risolvere l’inquinamento con la Geoingegneria, è da prendere in considerazione ma con molta cautela. L’ipotesi è quella di mettere in campo due strategie: rimozione della CO2 dall’atmosfera e riduzione della radiazione solare che arriva a colpire la bassa atmosfera.
In Carbon Dioxide Removal and Reliable Sequestration la Commissione spiega:“I segnali che il nostro pianeta sta vivendo significativi cambiamenti climatici sono ovunque. È chiaro che abbiamo bisogno di ridurre le emissioni di anidride carbonica e di altri gas che alimentano l’effetto serra se non vogliamo aumenti notevolmente il rischio di danni climatici. Perseguire aggressivamente un programma di abbattimento delle emissioni o di mitigazione mostrerà risultati su un orizzonte temporale di molti decenni.” Nelle pagine di “Reflecting Sunlight to Cool Earth” appare chiaro che:”Il crescente problema del cambiamento delle condizioni ambientali causati dalla destabilizzazione del clima è ben riconosciuto come uno dei temi che definiscono del nostro tempo. Il problema principale è trovare la soluzione per frenare tali emissioni. La Geoingegneria del clima è stata spesso considerata come risposta “estrema” al cambiamento climatico da utilizzare solo se tale cambiamento climatico dovrebbe produrre danni di estremo disagio. L’eventuale probabilità di ricorrere a soluzioni di emergenza, però, cresce ogni anno, proporzionalmente alla mancanza di informazioni su questi metodi”.
Gli stessi ricercatori ammettono però che la tecnologia Geoingegneristica (Albedo-modification) “comporta notevoli rischi e dovrebbe non essere distribuito in questo momento”. Tali tecniche:”risolverebbero solo temporaneamente l’effetto di riscaldamento provocato da alte concentrazioni di CO2 e presenterebbero gravi rischi ambientali, sociali e politici, tra cui la possibilità di essere distribuito in modo unilaterale”. È anche vero però che:”più aspettiamo, più è probabile che avremo bisogno di implementare alcune forme di rimozione di anidride carbonica al fine di evitare impatti peggiori del clima”.
Che si fa quindi? Si aspetta che l’uomo decida di rispettare, ad esempio, il protocollo di Kyoto?
Troppo tardi ormai. Le tecnologie che impediscono alla luce solare di raggiungere la superficie terrestre potrebbero ridurre le temperature medie globali nel giro di pochi anni, generando effetti simili alle grandi eruzioni vulcaniche. Così come lo spargimento di sostanze chimiche nell’alta atmosfera o fertilizzanti negli oceani potrebbero causare gravi danni non prevedibili.
L’unica ricerca fatta sulla geoingegneria è quella fatta dalla Royal Society che ha detto sostanzialmente la stessa cosa della Nas: prestare attenzione. Ora, però, le agenzie governative Usa premono per l’avvio degli esperimenti tramite uno studio scientifico che rilevi efficacia, costi economici, politici e ambientali.
E aggiungo: sperimentare e fare in fretta.
Antonio Del Furbo