È nato a New York ed è un giornalista, conduttore televisivo e scrittore statunitense. E ci tiene a dirlo in maniera particolare. Lui non ha nulla a che fare con l’Italia che, a tratti, sembra anche disprezzare. Una domanda sorge spontanea: cosa ci viene a fare nel Bel Paese mister Friedman?
In ogni occasione mister Friedman ribadisce con forza di aver frequentato la London School of Economics and Political Science, l’Università di New York e la Paul H. Nitze School of Advanced International Studies della Università Johns Hopkins, a Washington. Quindi di aver lavorato per la BBC e per Financial Times.
Chissà quali tormenti mister Friedman sta avendo in questi mesi in cui è costretto a lavorare in Italia. Grazie alla politica italiana ha trovato ispirazione per la stesura di un libro e la realizzazione di un programma televisivo.
E proprio ieri sera, in un incontro organizzato a Pescara, Friedman ha presentato la sua opera:”Ammazziamo il Gattopardo”. Arrivato in perfetto ritardo, alla sala Petruzzi lo hanno accolto l’ex presidente della Regione, Gianni Chiodi e l’ex presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo, Nazario Pagano.
Una serata molto interessante in cui il giornalista ha ripercorso le tappe della politica italiana dal ’92 ai giorni nostri attraverso la figura di Giuliano Amato.
“In quegli anni è stato fatto credere agli italiani che c’era bisogno di uno sforzo comune per uscire dalla crisi” ha spiegato l’autore del saggio. “Ma era solo una scusa per tenere in piedi quel governo” ha precisato il giornalista.
Un’analisi della politica italiana che a suo dire è molto vecchia:”In America non ci sono destra e sinistra ma conservatori e repubblicani. Non ha senso che una parte politica venga riconosciuta come difensore dei più deboli; in questa economia globalizzata si può parlare di liberismo e, nello stesso tempo, si può garantire la difesa delle fasce più deboli della società”.
E la ricetta è chiara:”Quello che io propongo è innanzitutto l’abolizione della cassa integrazione in deroga (un sistema iniquo e clientelare che non tutela il lavoratore ma il posto di lavoro, anche quando questo non c’è più) e la sua sostituzione con sussidi di disoccupazione uniformi e collegati alle politiche attive del mercato del lavoro (ovvero contratti di ricollocazione, corsi di formazione e riqualificazione, job center funzionanti) che tutelino tutte le persone che perdono l’impiego e non solo una piccola parte di queste. A completamento di questa riforma, è importantissimo introdurre un minimo vitale per chi si trova al di sotto della soglia di povertà: con una spesa annuale di circa 6 miliardi di euro sarebbe possibile garantire al 6 per cento di famiglie italiane in difficoltà, pressappoco un milione di nuclei, un sussidio di 550 euro al mese”.
Un primo intervento di Chiodi spezza l’atmosfera anglosassone:”Ho letto il libro e devi sapere che io gran parte delle cose le ho realizzate in Abruzzo. Ho ridotto il debito e ho rimesso soldi nelle tasche dei cittadini”. L’ex governatore ha tenuto il microfono per circa 20 minuti in cui ha snocciolato dati e numeri dei suoi 5 anni di governo.
Io non ce l’ho fatta a sentirlo e ho spostato lo sguardo, per tutto il tempo, su Pagano e Friedman che, dopo i primi 5 minuti d’intervento di Chiodi, hanno iniziato a sbattere le teste sul tavolo.
Antonio Del Furbo