Erano le 13.40 del 4 marzo 2019 quando Realino Santone, un giovane del piccolo paese del chietino, è stato prima aggredito verbalmente e poi massacrato di botte.
di Antonio Del Furbo
Il fatto è accaduto alcune settimane fa ma solo oggi si apprende la notizia grazie alla denuncia dell’avvocato dell’assistito e a quella dell’Osservatorio Antimafia Regione Abruzzo.
Santone, quel 4 marzo di due mesi fa, è stato circondato da ben cinque persone, suoi dirimpettai e residenti nella casa popolare di Filetto (Ch), “e picchiato selvaggiamente” riferisce il suo avvocato, Maria Grazia D’Angelo. A quel punto la madre del giovane, richiamata dal trambusto e resasi conto di ciò che stava accadendo, ha avvertito polizia e carabinieri al telefono. La donna, scesa in strada per prendere le difese del figlio, è stata a sua volta “afferrata e trattenuta da alcuni aggressori” con la minaccia “di ricevere lo stesso trattamento”.
Ad aggressione terminata il giovane, che ha riportato traumi multipli al viso, alla testa, al torace e ai polmoni, è stato trasportato presso l’ospedale di Guardiagrele dove gli aggressori lo aspettavano per, a loro dire, “finire il lavoro”. Al grave fatto ha assistito anche una Guardia Giurata che, omettendo di intervenire, si è giustificato affermando di non poter fare nulla tanto che il ferito è stato difeso dallo zio e dai medici presenti. Subito dopo Realino è stato trasportato nel nosocomio di Lanciano. Per tutto il tempo, nessun esponente delle forze dell’ordine è intervenuto “nonostante le numerose richieste di intervento fatte” si legge nel documento dell’avvocato.
Tutto finito? Manco per niente. Circa dieci giorni dopo i fatti accaduti, i carabinieri hanno sequestrato i fucili da caccia alla vittima “regolarmente detenuti”. Un atto, questo, motivato dai militari dell’Arma, per “un presupposto stato di tensione tra le due famiglie per vecchi rancori e con presunte vessazioni nei confronti dell’amministrazione comunale di Filetto da parte della famiglia Santone.” Una questione, quella dei pessimi rapporti tra le due famiglie, che va avanti da un bel po’ di tempo.
“Mio marito -spiega la madre di Realino- aveva sollecitato il Comune per far vietare il parcheggio del furgone dei dirimpettai all’ingresso di una strada comunale perché il mezzo ostruiva totalmente il passaggio”. Ma la cosa che più preoccupa la donna è il fatto che nessun “provvedimento sia stato adottato dalle Autorità nei confronti degli aggressori” nonostante i componenti di quella famiglia “siano pregiudicati e persone note alla Giustizia e che vantano pubblicamente il possesso di mitra e pistole”.
“Da dove provengono? Chi li ha forniti i mitra a questi soggetti? Hanno sparato precedentemente? Sono stati utilizzati per rapine a porta valori o per altre azioni criminali? I Carabinieri presenti sul territorio cosa hanno fatto, visto che da quello che si denuncia pare che fino ad oggi sono stati dolci dormienti?”.
A porsi queste domande è Stefano Moretti, presidente dell’Osservatorio che ha raccolto il grido d’aiuto delle vittime. Ora la denuncia è stata inviata al Ministro degli Interni, al Generate dell’Arma dei Carabinieri ed al Procuratore della Repubblica di Chieti.
Il clima nel territorio appare sempre più pesante. Appena qualche settimana fa la cronaca degli arresti di Guardiagrele e Tollo, base dello spaccio albanese.