Quattro bimbi prelevati in maniera coatta e portati in una struttura d’accoglienza. I figli di Anna cercano di spiegare il loro disagio ma non vengono ascoltati né dai giudici, né dagli assistenti sociali. Oggi c’è una mamma che combatte una guerra per riportarli a casa da lei. Sullo sfondo una torbida storia di violenze e soprusi. Anche da parte di chi dovrebbe tutelare i minori.
“Non posso sentirli al telefono, rassicurarli che tutto andrà bene. Non posso nemmeno sapere in che comunità siano finiti, come fossi la peggiore dei criminali. Penso alla più piccola, Maria (nome di fantasia), in che stato può aver dormito da sola, a 6 anni, in una casa, con una famiglia che non conosce”. Così racconta la sua vicenda Anna (nome di fantasia), mamma di Giacomo 11 anni che venerdì scorso è scappato dalla comunità. Ma il cuore di Anna è lacerato anche per gli altri figli: Laura 14 anni e Carlo 16, “tutti destinati in strutture diverse. Prelevati la mattina alle 8 per un decreto firmato da una giudice onoraria, un’ex assistente sociale”. Dopo il caso di Giada Giunti, un’altra vicenda di malagiustizia.
Prelevamento coatto
Un prelevamento che è avvenuto in modo “coatto, gli hanno tolto pc e telefoni. Divisi e puniti- racconta la donna– perché non vogliono rettificare le accuse mosse al padre. Gli stanno insegnando che la verità non serve, che per salvarsi devono dire bugie. Giudici come Falcone e Borsellino si stanno rivoltando nella tomba”.
La vicenda
La vicenda inizia a novembre quando, dopo la denuncia del padre del ragazzo per presunti abusi sessuali, i quattro figli vengono affidati ai nonni paterni, considerando anche la figura della madre non adeguata. Venerdì scorso il tribunale dei minori fa prelevare i quattro dalla casa in cui da mesi vivevano e separati e collocati in quattro diverse case famiglia, senza cellulari per contattare la madre. I quattro figli di Anna non sono a casa con lei “dal 2 dicembre scorso. Un decreto, allora del giudice del Tribunale ordinario, emesso sulla base di una CTU civile, una penale e di un avvocato curatore- tutti denunciati- li aveva collocati nella casa dei nonni paterni, dopo che avevano denunciato abusi da parte del padre. Sono stati creduti solo dall’Ispettore Capo di Cuneo, poi io sono diventata ‘la mamma alienante e border line’ e non sono stati mai più ascoltati né creduti”.
Dunque, secondo i giudici Anna non sarebbe una buona madre. “A causa dell’emergenza Covid l’ultima volta che li ho visti era il 2 marzo. L’assistente sociale non ha mai risposto alla nostra richiesta di vederci. A fine marzo una relazione della neuropsichiatria rilevava il malessere dei bambini e vagliava un progetto per riportarli a casa. Dai nonni i bambini stavano male, non avevano più voglia di studiare, di impegnarsi. La piccola da 23 kg è arrivata a pesarne 17. Sembrava stessero tornando a casa da un momento all’altro. Il PM aveva anche firmato questo progetto della neuropsichiatria e dell’assistente sociale che diceva che i bambini sarebbero dovuti tornare da me e che le case famiglia non andavano bene. Quindi li stavamo aspettando, mandavamo mail per sollecitare il giudice. Poi il giudice è cambiato e ha firmato questo decreto”.
“Era così strano che ieri non arrivasse la consueta chiamata per il buongiorno- racconta Anna– . Tutta questa tortura e aggressione verso di loro è stata voluta perché i miei ragazzi non hanno voluto rettificare le denunce dei maltrattamenti subiti dal padre e dai nonni. Io ho le spalle larghe, sono un’adulta, ma loro….”.
Una incredibile storia legale
“Quanto sta accadendo ai danni di questi 4 ragazzi è terribile” spiega l’avvocato di Anna, Domenico Morace. “Ancora stento a credere che un provvedimento di tal genere possa essere adottato da un Tribunale della Repubblica. Non riesco a comprendere il pressappochismo, la superficialità e la crudeltà di alcuni dei magistrati che si sono occupati della vicenda. La colpa dei ragazzi è quella di aver riferito alla Polizia le ‘attenzioni’ subite dal padre. Da allora un vero e proprio accanimento nei loro confronti. Dal primo giorno che sono stati affidati ai nonni paterni sono stati oggetto di pressioni per modificare le loro dichiarazioni. Nel caso non lo avessero fatto sarebbero stati inviati in strutture extra-familiari cosa che è accaduta ora con il provvedimento del Tribunale Minori del Piemonte. Noi lo abbiamo denunciato mesi fa fornendo le prove del fatto. Le decisioni in merito al l’allontanamento dalla madre sono state assunte sulla base di una perizia falsa. Ribadirò la segnalazione al ministro della Giustizia oltre a segnalare nella più opportuna sede la percezione di un forte condizionamento ambientale di alcuni uffici giudiziari.”
“Tengo a precisare – sottolinea Morace alla Dire – che quello che stanno facendo ai ragazzi è equiparabile alla tortura. Uno degli aspetti più allucinanti consiste nel fatto che tutti i magistrati che, sino ad oggi, si sono occupati della vicenda non hanno mai sentito direttamente i ragazzi, nemmeno i più grandi (oggi 16 e 14 anni). Si tratta di una sorta di vigliaccheria giudiziaria”.
Negata la richiesta del Pm
A chiedere il rientro dei ragazzi a casa della madre è anche il Pm. Ma il Tribunale dei Minori non ha minimamente tenuto in considerazione la richiesta, non ha mai ascoltato la volontà dei ragazzi, ovvero quella di tornare a casa con la loro madre.
La protesta dei figli
I due figli maggiori – 13 e 15 anni – hanno attuato una forma di protesta quando in pieno lockdown hanno scritto ai professori per annunciare che avrebbero “scioperato dallo studio e dai compiti fino a quando un giudice non avesse ascoltato la loro versione”. La secondogenita, tra l’altro, era anche pronta a saltare l’esame di terza media per far sentire la propria voce. “Per fortuna è stata convinta a sostenerlo, ma evidentemente non aveva trovato altra forma per rendere visibile la sua situazione”, racconta la deputata del gruppo misto Veronica Giannone.
L’intervento dell’onorevole Giannone
Proprio l’onorevole, che fa parte della commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, ha depositato un’interrogazione alla commissione giustizia per chiedere al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, di inviare gli ispettori. A Bonafede si chiede di chiarire perché “i figli più grandi non siano stati sentiti nei procedimenti che li riguardano, come previsto invece dalla legge italiana e dalla Convenzione di Strasburgo, che impone all’autorità giudiziaria di permettere al minore di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto”. E per fare chiarezza sui fatti la deputata ha anche presentato un esposto alla procura di Cuneo.
“Nel dicembre 2019 ho ricevuto un messaggio su Facebook da un ragazzino che mi raccontava la sua storia e mi chiedeva di aiutare lui, suo fratello e le sorelle a tornare a casa” spiega la Giannone. “Ho richiesto subito il contatto della madre e del suo legale per richiedere ulteriori informazioni e le documentazioni relative al caso. Così ho conosciuto Anna. Mi sono interfacciata con il suo legale, l’avvocato Morace, che, su autorizzazione della stessa, ha condiviso con me i documenti utili a studiare la vicenda della signora e dei suoi 4 figli.”
Ma, aggiunge l’onorevole, ad oggi “l’unica risposta ricevuta è stata dal direttore dei servizi sociali che descriveva l’operato dei servizi sociali e il rispetto di quando definito dal giudice, nulla di più. Mi aspettavo sinceramente un interesse maggiore da parte di tutti nell’ascolto dei minori e soprattutto nel cercare di assecondare le loro richieste per riportare serenità nelle loro giovanissime vite. In parte pareva che alcune delle autorità o persone a conoscenza del caso avessero ben chiaro come tutelare il benessere dei minori tant’è che il Pubblico Ministero e la neuropsichiatria avevano richiesto il ritorno per loro a casa della mamma, come soluzione migliore.”
La richiesta al ministro Bonafede
“La Convenzione di Strasburgo – si legge nel documento – stabilisce nel combinato disposto dall’art. 3 e 6, il diritto del minore ad essere informato e di esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano, imponendo all’autorità giudiziaria di permettere al minore di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto. Il codice civile all’art 315 bis., riconosce il diritto del fanciullo – che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento – ad essere ascoltato in tutte le questioni che lo riguardano. Con la legge n 219 del 2012 viene riconosciuta maggior centralità al ruolo del minore tanto all’interno del processo che lo riguarda – conferendo maggiori possibilità di ascolto del minore- quanto nella relazione con i genitori, implementando il concetto di responsabilità genitoriale. Come riportato da diversi articoli di stampa tra cui Affaritaliani.vIt, a Cuneo il Tribunale toglie ben quattro figli ad una madre che ha denunciato l’ex marito per abusi sessuali sugli stessi.
Dopo la denuncia, si legge, la donna viene considerata dal CTU del Tribunale affetta da ‘disturbo di personalità con altra specificazione’, comportamenti paranoici, antisociali e schizofrenici. Diagnosi contraddetta da una psichiatra dell’ASL di Bologna, che ha visitato la madre accertando che questa non presenta “aspetti psicopatologici clinicamente significativi in alcun ambito”.
Nel frattempo il processo civile è stato definito con un provvedimento di allontanamento dei 4 figli dal domicilio della madre e contestuale collocamento presso i nonni paterni.
Il processo penale è ancora in corso con un incidente probatorio che riguarda un’altra perizia disposta dal GIP per accertare l’idoneità alla testimonianza dei ragazzi. Questa perizia si è conclusa con esito negativo. Secondo la consulente del giudice, i ragazzi anche quello che ha compiuto 15 anni, non possono essere sentiti come testimoni.
Tra gli indicatori utilizzati dalla consulente nominata nel processo penale quelli del libro ‘L’abuso sessuale sui minori’, di Cristina Roccia e Claudio Foti, il direttore del centro Hansel e Gretel e indagato per presunti affidi illeciti a Bibbiano. ‘Una situazione assurda’, spiega l’avvocato della donna, ‘sono indicatori privi di qualsiasi valenza scientifica’.
D’altronde Il Tribunale civile che ha assunto la decisione non ha voluto sentire direttamente il racconto dei figli, affidandosi esclusivamente all’intervento di un perito. Nella fase iniziale delle indagini invece i ragazzi, erano stati sentiti dalla Questura di Cuneo, con l’ausilio di una psicologa del servizio di neuropsichiatria infantile che aveva accertato la genuinità dei racconti, scevri da condizionamenti.
Tenuto conto che,
come raccontato da Cuneo24, il primogenito si è fatto portavoce della battaglia della mamma che rivuole i suoi figli, contattando direttamente l’interrogante in qualità di segretario della Commissione per l’Infanzia e l’Adolescenza, che ha deciso così di presentare un esposto al procuratore di Cuneo nel quale si chiede di far luce su questo allontanamento e sulla motivazione per cui i ragazzi, soprattutto di 12 e 15 anni, non siano stati ascoltati. Facendo proprio lo stesso appello lanciato dalla donna: “voglio che i miei figli vengano ascoltati, fateli parlare, devono dire quello che sanno, dove e con chi vogliono stare”; l’interrogante chiede quali misure di competenza intenda intraprendere il Ministro per garantire che l’ascolto del minore in tutti i procedimenti che lo riguardano, soprattutto quando abbia più di dodici anni, venga reso effettivo; se non intenda altresì inviare degli ispettori per controllare l’operato dei tribunale del caso in premessa, considerata la gravità del presunto reato contestato al genitore di questi minori.”
di Antonio Del Furbo
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