La vicenda dell’ex Ilva è tornata d’attualità per via del cosiddetto scudo penale legato all’esecuzione del Piano ambientale fino all’agosto 2023 nella acciaieria tarantina.
La storia comincia nel 2015 con il decreto 1, quello varato dall’allora premier Matteo Renzi: “Questa città bella e disperata è il punto di partenza del nostro anno. Salvataggio di Ilva insieme al salvataggio dei tarantini e dei loro figli” disse Renzi. Al secondo articolo, quel testo “esclude la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell’affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell’ILVA di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale”.
Sostanzialmente l’accordo metteva al riparo i commissari prima (e gli acquirenti poi) dai processi: “Le condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale, nel rispetto dei termini e delle modalità ivi stabiliti, non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario, dell’affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale”.
L’amministrazione straordinaria
L’azienda era entrata da gennaio in amministrazione straordinaria e con questa norma si era voluto di fatto assicurare una protezione legale sia ai gestori dell’azienda (i commissari), che ai futuri acquirenti, relativamente all’attuazione del piano ambientale della fabbrica. Si voleva evitare, in sostanza, che attuando il piano ambientale i commissari o i futuri acquirenti del siderurgico restassero coinvolti in vicissitudini giudiziarie derivanti dal passato.
L’arrivo del nuovo governo
Nell’aprile scorso, il governo Lega-M5s elimina l’immunità penale con il decreto Crescita. Per il M5s, si tratta di un privilegio illegittimo concesso ad ArcelorMittal. Con quel testo, il primo governo Conte “limita dal punto di vista oggettivo l’esonero da responsabilità alle attività di esecuzione del cosiddetto piano ambientale, escludendo l’impunità per la violazione delle disposizioni a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro” e “individua nel 6 settembre 2019 il termine ultimo di applicazione dell’esonero da responsabilità”.
Di Maio capofila
Forte sostenitore di questa iniziativa è il ministro dello Sviluppo Di Maio, che aveva promesso la chiusura dell’acciaieria e l’abbattimento delle tutele legali un risultato minimo da centrare ad ogni costo. E così ad agosto lo scudo torna in pista con il decreto salva-Imprese. Sembra poter essere una soluzione e l’immunità viene ripristinata ma è a scadenza progressiva: “copre” gli impianti da mettere a norma per il periodo di tempo strettamente necessario ai lavori.
L’intervento della Lezzi
A far crollare le cose arriva Barbara Lezzi e l’articolo in questione viene soppresso dalla versione definitiva del decreto, approvata solo pochi giorni fa al Senato con la fiducia e poi alla Camera. L’ennesimo cambio di programma scatena la reazione del gruppo, con la sparata odierna sulla disdetta del contratto.