Dura la replica dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare dopo la messa in onda del servizio del programma Mediaset.
Antonio Del Furbo
Insomma, tutto falso. O meglio, le argomentazioni prodotte nel servizio de Le Iene contengono “numerose falsità e poche verità presentate in modo parziale e fazioso”.
L’INFN ha risposto così ad una mamma che ha chiesto delucidazioni sulla pagina ufficiale Facebook dell’Istituto dopo quello andato in onda in tv.
“Sono una cittadina abruzzese con 3 figli! Cosa c’è di vero in quello denunciato alle IENE ieri sera sul Gran Sasso?” ha chiesto Carola Profeta che, tra l’altro, fa parte del Dipartimento Tutela delle Vittime di Violenza di Fratelli d’Italia.
“I Laboratori Nazionali Del Gran Sasso” si legge in risposta a Profeta “hanno a cuore la sicurezza dell’acqua del Gran Sasso. La sicurezza dell’acqua in particolare, e dell’ambiente in generale, è una condizione necessaria ai Laboratori per svolgere le proprie attività di ricerca. Soprattutto perché i nostri Laboratori sono parte del territorio abruzzese: molti nostri ricercatori e molte delle persone che vi lavorano sono abruzzesi, vivono nel territorio e bevono l’acqua che esce dai loro rubinetti. E l’INFN pone la massima attenzione al rispetto della legge: tutto è fatto nel rispetto delle norme e con le autorizzazioni necessarie. Quindi anche nel caso del nuovo esperimento SOX si è seguito rigorosamente l’iter di legge. L’autorizzazione all’impiego è stata ottenuta da Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, Ministero dell’Ambiente, Ministero del Lavoro, Ministero dell’Interno (Protezione Civile) e di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).”
Dunque, stando a quanto dichiarato dall’Istituto, tutti i permessi necessari erano stati chiesti e, soprattutto, tutti i protagonisti pubblici avevano dato parere favorevole per l’esperimento Sox. E, proprio sull’esperimento, l’INFN precisa:
“SOX non è un esperimento nucleare che prevede la manipolazione di atomi, come accade per esempio in una centrale nucleare, ma un esperimento scientifico che usa una sorgente radioattiva sigillata, come quelle che vengono usate, sia pure con una diversa potenza e differenti finalità, negli ospedali delle nostre città per eseguire esami diagnostici e terapie. SOX è infatti un esperimento per lo studio dei neutrini che utilizza 40 grammi di polvere di Cerio 144. Il Cerio 144 produce decadimenti radioattivi spontanei, non reazioni nucleari di fissione. SOX quindi non ha niente a che vedere con un reattore nucleare, non può esplodere, neppure a seguito di azioni deliberate, errori umani o calamità naturali.”
Nessuna preoccupazione, quindi, perché se è vero che si tratta di un esperimento nucleare, è altrettanto vero che le finalità sono diverse tali da essere svolte con un diverso procedimento.
“Per garantire lo svolgimento in assoluta sicurezza dell’esperimento, senza nessun rischio per le persone e per l’ambiente” si legge ancora “il Cerio 144, è isolato e totalmente schermato. La polvere di Cerio è chiusa e sigillata in una doppia capsula di acciaio, che a sua volta viene poi chiusa all’interno di un contenitore di tungsteno dello spessore di 19 centimetri, del peso di 2,4 tonnellate, realizzato appositamente per SOX con requisiti più alti rispetto agli standard di sicurezza richiesti, e in grado di resistere fino a 1700 °C. La sorgente rimarrà chiusa sotto chiave nel suo alloggiamento inaccessibile, per l’intera durata dell’esperimento, cioè 18 mesi. Il contenitore di tungsteno è indistruttibile: è resistente a impatto, incendio, allagamento e terremoto, secondo studi rigorosi che sono stati svolti come previsto dalla legge e verificati dalle autorità competenti. Quindi, tutti i rischi citati durante la trasmissione, dal terremoto all’atto terroristico, non sono realistici”
Le conclusioni dell’Istituto sono che il “SOX, dunque, non rappresenta in alcun modo un rischio, né per la popolazione né per l’ambiente: non implica nessuna dose radioattiva per nessuno, e naturalmente neanche per le persone che lavorano nei laboratori, la dispersione del Cerio è impossibile anche in caso di incidente, la sorgente sarà sempre sorvegliata 24h/24 dal personale che di norma svolge l’attività di sorveglianza nei Laboratori.”
Stando così le cose la colpa sembra essere esclusivamente di chi ha firmato quelle autorizzazioni, e cioè del Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, Ministero dell’Ambiente, Ministero del Lavoro, Ministero dell’Interno e di ISPRA.
Ma la questione non appare molto chiara.
Il vice presidente della Regione Abruzzo, Giovanni Lolli, dopo il servizio delle Iene ha detto che “il problema esiste, perché l’attuale sistema presenta delle criticità che possono generare contaminazioni dell’acqua anche se finora gli episodi registrati non hanno prodotto particolari allarmi”. E aggiunge:”abbiamo costituito un tavolo con tutti gli attori pubblici e privati interessati che ha creato un protocollo molto vincolante che prevede procedure di sicurezza aggiuntive rispetto a quelle previste dalla normativa nazionale per gli esperimenti che porterà avanti il Laboratorio del Gran Sasso”.
Perché, quindi, è stato autorizzato l’esperimento?
Perché prosegue Lolli “è successo, nel caso dell’esperimento che non c’era pervenuta alcuna comunicazione, nonostante l’esperimento stesso fosse stato autorizzato dallo Stato mediante l’Ispra e dalla Asl che a sua volta l’aveva comunicato alla Regione. Noi però non ci accontentiamo di queste procedure nazionali: fino a quando quel sistema non verrà messo totalmente in sicurezza nel modo in cui noi intendiamo e con il progetto che potrà contare anche su un finanziamento statale, noi continueremo a chiedere procedure aggiuntive. L’errore è consistito nel fatto che nessuno ha comunicato al tavolo l’attuazione dell’esperimento e quando ne siamo venuti a conoscenza abbiamo detto agli interessati di bloccare le procedure stesse e di mettere in atto le prescrizioni aggiuntive previste nel protocollo. Questo – ha proseguito Lolli – non significa bloccare l’attività scientifica e di ricerca del Laboratorio, ma siccome ci troviamo su un territorio delicatissimo è necessario che i sistemi di sicurezza siano più penetranti anche a costo di prevedere una ridondanza di attenzione”.
La domanda è: a cosa è servita la Regione se ha commesso questo errore?