La scia delle assoluzioni sul presunto caso di corruzione internazionale di Eni-Nigeria si allunga. E oggi ne arrivano altre dopo le 15 assoluzioni avvenute nel processo principale che ha scagionato, tra gli altri, Paolo Scaroni e Claudio Descalzi, ex e attuale amministratore delegato Eni.
Secondo la Procura di Milano l’affare Eni Nigeria riguardava il presunto pagamento di una maxi tangente. La più grande mai pagata da una società italiana, per l’acquisto nel 2011 dei diritti di esplorazione del giacimento Opl245 in Nigeria.
Questa mattina la Corte d’Appello di Milano ha assolto anche Obi Emeka e Gianluca Di Nardo, i due presunti mediatori accusati di corruzione internazionale, condannati in primo grado con rito abbreviato a quattro anni di reclusione.
Assoluzione che si intreccia al fascicolo sul ‘falso complotto’ e col caso dei verbali di Piero Amara. La Procura di Brescia sta indagando sul procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e sul pm Sergio Spadaro, titolari dell’indagine Eni-Nigeria. L’ipotesi è di rifiuto d’atti d’ufficio in relazione alla gestione del materiale probatorio del processo. Si tratta, in particolare, del video registrato di nascosto dall’ex manager Eni Vincenzo Armanna, imputato nel processo e testimone sulle cui dichiarazioni si era basata buona parte dell’accusa della Procura di Milano, mentre parla con l’avvocato Piero Amara rivelando l’intenzione di ricattare i vertici della società petrolifera.
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Obi Emeka e Gianluca Di Nardo sono stati assolti con la formula “perché il fatto non sussiste”. A deciderlo la sentenza della seconda sezione d’Appello che ha accolto la richiesta dello stesso sostituto pg Celestina Gravina e dei difensori, gli avvocati Giuseppe Iannaccone (per Di Nardo) e Roberto Pisano (per Emeka).
La Corte d’Appello ha anche revocato le confische disposte in primo grado di 98 milioni e 400 mila dollari per Obi Emeka e 21 milioni e 185 mila franchi svizzeri per Gianluca Di Nardo per un totale di 112 milioni di euro.
Per l’avvocato Roberto Pisano, legale di Obi Emeka, “dopo 7 anni si respira aria di verità”. Una condanna di primo grado che per il legale “ingiusta” e dovuta ad un “macroscopico travisamento della prova e a violazioni di legge”. La pensa allo stesso modo Giuseppe Iannaccone, difensore di Gianluca Di Nardo, secondo cui oggi è assolto giustamente “un innocente”.