Dopo 41 anni di misteri e casi irrisolti della vicenda di Emanuela Orlandi molto si sa ma poco si è fatto. Decenni di silenzi, omertà, muri di gomma in cui tutti hanno messo le mani: politica, Vaticano, Servizi deviati ed esponenti della criminalità organizzata. Dov’è la verità?
Emanuela Orlandi il 14 gennaio avrebbe compiuto 56 anni. Nacque a Roma il 14 gennaio 1968, penultima figlia di Ercole, commesso della Prefettura della casa pontificia, e Maria Pezzano. All’epoca della scomparsa abitava in via Sant’Egidio all’interno del Vaticano coi genitori e i quattro fratelli: Natalina, Pietro, Federica e Maria Cristina.
Nel giugno 1983 Emanuela frequentava da anni l’Accademia di Musica “Tommaso Ludovico da Victoria”, che aveva sede nel Palazzo di Sant’Apollinare, nell’omonima piazza a poca distanza da Palazzo Madama. La scuola era collegata al Pontificio istituto di musica sacra. Mercoledì 22 giugno la ragazza uscì di casa tra le 16:00 e le 16:30 per recarsi alle lezioni di musica. Prima di uscire di casa, sia a causa del caldo sia per il fatto che era in ritardo, la ragazza aveva chiesto al fratello Pietro di accompagnarla; questi tuttavia, a causa di un altro impegno, non potè esaudire la richiesta, motivo per cui Emanuela, contrariata, uscì sbattendo la porta. Sarebbe stata l’ultima volta che Pietro l’avrebbe vista.
La lezione di musica
Emanuela uscì dal Vaticano da Porta Sant’Anna, prese l’autobus 64 da piazza Città Leonina e scese in Corso Vittorio Emanuele II vicino alla fermata nei pressi della Basilica di Sant’Andrea della Valle, poi percorse corso del Rinascimento dove venne fermata da un uomo e arrivò alla scuola di musica per la lezione di flauto con dieci minuti di ritardo.
La lezione di flauto si svolgeva dalle 17:00 alle 18:00. Uscita dalla lezione di canto 10 minuti prima del tempo, Emanuela telefonò a casa da una cabina; rispose la sorella Federica, ed Emanuela le disse che un uomo l’aveva fermata proponendole un lavoro di volantinaggio per la Avon Cosmetics, retribuito con la somma di 375.000 lire, da svolgersi durante una sfilata di moda nell’atelier delle Sorelle Fontana che si sarebbe tenuta dopo pochi giorni; la sorella le sconsigliò di accettare la proposta e le suggerì di tornare a casa per parlarne con i genitori.
La scomparsa di Emanuela
Dopo la telefonata con la sorella, Emanuela aspettò l’uscita delle altre compagne dal corso di canto e insieme a due di esse, Raffaella Monzi e Maria Grazia Casini, raggiunse la fermata dell’autobus 70 in Corso Rinascimento davanti al Senato. A detta della Monzi, Emanuela alluse alla proposta di lavoro ricevuta e le disse di essere indecisa se tornare subito a casa o attendere l’uomo che le aveva fatto l’offerta per dirgli che avrebbe chiesto prima il permesso ai propri genitori, al che la Monzi le rispose di vedere lei.
Intorno alle 19:30, Maria Grazia e Raffaella salirono sull’autobus 70 dirette a casa, mentre Emanuela non salì sull’autobus poiché troppo affollato. Sia Raffaella Monzi che Maria Grazia Casini riferirono che dopo essere salite sul mezzo pubblico videro dal finestrino Emanuela alla fermata parlare con una ragazza dai capelli ricci scuri — che non fu mai identificata — anche se con ogni probabilità si trattava di qualche altra allieva della scuola di musica. Da quel momento si persero le sue tracce.
“Novità eclatanti non ce ne sono” ci racconta Pietro Orlandi, fratello di Emanuela.
Gli occhi e le attenzioni ora sono concentrati sulla Commissione parlamentare d’inchiesta che dovrebbe partire entro gennaio. “Sono stanco di aspettare anche perché stentava a partire all’inizio” racconta Pietro. La legge istitutiva è stata approvata a novembre, ma il Quirinale l’ha mandata in Gazzetta ufficiale solo a fine dicembre. Finalmente qualcosa si muove.
Le inchieste e il Vaticano
Nel 2023, anno del quarantesimo anniversario, sono partite due inchieste giudiziarie: una della procura di Roma e una, per la prima volta, tra le mura vaticane. Mentre l’Italia e il mondo si interrogavano sul destino di Emanuela il parlamento ha deciso di fare la sua parte. La legge, che riguarda la scomparsa di Orlandi e di Mirella Gregori, è stata approvata alla Camera a febbraio. Le polemiche sono nate in Senato dove i parlamentari hanno deciso di ascoltare sia il Vaticano sia la procura romana, e insieme a loro il giornalista oggi scomparso Andrea Purgatori, e Laura Sgrò, l’avvocata della famiglia che non smette di cercare la verità.
Il promotore di giustizia Vaticano, Alessando Diddi, ha risposto di no all’ipotesi di istituire l’organo, una posizione che ha fatto vacillare i senatori di destra. Alla fine, anche palazzo Madama ha deciso di non tirarsi indietro, e il testo è stato approvato senza modifiche rispetto a Montecitorio il 9 novembre.
Il promotore Diddi ha detto pochi giorni fa: “Stiamo continuando a lavorare, e a differenza dell’Italia noi non abbiamo limiti di tempo, il sistema è più garantista per la persona offesa: per cui finché il caso non è chiuso continueremo a lavorarci”.
La vicenda Pecorelli-Papa Luciani
In un’inchiesta di Andrea Purgatori è stato evidenziato un aspetto che riguarda il giornalista Mino Pecorelli, direttore di OP, Osservatore Politico, settimanale di inchiesta nato nel 1968. Tra le sue fonti c’era anche un ex capo del Sid, i servizi segreti della Difesa, Vito Miceli. Pecorelli fu ammazzato con un colpo di pistola in bocca, tipologia di esecuzione riservata ai cosiddetti infami, a quelli che parlano troppo. Pecorelli consegnò un documento a Papa Giovanni Paolo I, cioè Albino Luciani, che morì la stessa notte in cui questo pervenne tra le sue mani. Era il 1978, cinque anni prima del rapimento della Orlandi, Pecorelli lavorò a un’inchiesta sulla “Gran loggia vaticana”. Rivelava l’esistenza di 121 tra altri prelati e cardinali, membri di una loggia massonica, con tanto di numero matricola a data di iniziazione.
Tra loro ce ne erano quattro che riportano ad Emanuela Orlandi: l’allora segretario di Stato Agostino Casaroli, il cardinale Ugo Poletti che fornì la dispensa per la sepoltura del capo della fazione testaccina della Banda Magliana Enrico de Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare, sede della scuola di musica di Emanuela. Nell’elenco consegnato a Papa Luciani, poche ore prima della sua morte, c’erano anche Pietro Vergari, ex rettore della stessa Basilica di Sant’Apollinare e indagato nella seconda inchiesta sul caso Orlandi (poi archiviata) per concorso in sequestro e Paul Marcinkus, ex capo dello Ior, la banca Vaticana.Giovanni Paolo I morì poche ore dopo aver ricevuto l’elenco dei prelati massoni da Pecorelli.