Torna di moda, ciclicamente, il tema dei finanziamenti all’editoria. In questi giorni il governo ha puntato il dito contro i grandi gruppi editoriali. Ma quanti soldi hanno macinato fino ad oggi?
Tanti, troppi. Eppure, specie le piccole realtà televisive e radiofoniche, spesso si lamentano dei fondi che, nel corso degli anni, sono andati diminuendo fino a quasi scomparire.
Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione assegnate al Ministero viene destinato all’emittenza locale (tv titolari di autorizzazioni, radio operanti in tecnica analogica e titolari di autorizzazioni per la fornitura di servizi radiofonici non operanti in tecnica analogica, emittenti a carattere comunitario) e vengono concessi sulla base di criteri che tengono conto del sostegno all’occupazione, dell’innovazione tecnologia e della qualità dei programmi e dell’informazione anche sulla base dei dati di ascolto. Per essere ammessi al fondo viene tenuto conto di un numero minimo di dipendenti e giornalisti in regola con i versamenti dei contributi previdenziali che l’emittente deve avere per il marchio e la regione per i quali presenta la domanda di accesso ai contributi. Ad ogni emittente che accede ai contributi viene assegnato un punteggio in base al quale viene quantificato il contributo. Nel Fondo confluiscono risorse statali insieme a una quota delle eventuali maggiori entrate del canone Rai e a un contributo di solidarietà dello 0,1% da parte dei concessionari della raccolta pubblicitaria e di altri soggetti analoghi.
L’attuale sistema di sostegno al pluralismo dell’informazione è il frutto di un lungo percorso di razionalizzazione e contenimento delle spese che ha portato alla legge n. 198 del 2016. Con tale legge si è stabilita l’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e si è delegato il governo a ridefinire la disciplina del sostegno pubblico all’editoria. La legge 198 ha operato innanzitutto una ridefinizione della platea dei beneficiari del sostegno pubblico.
I numeri
Sapete quanti soldi (nostri) sono finiti nelle tasche degli editori nel solo anno 2014? Ben 39.147.795,50 euro. Nel solo Abruzzo sono stati finanziati 9 emittenti con budget tra i 110.200,64 euro di Rete 8 e gli 87.311,93 euro di Tvsei, passando per gli 81.194,11 euro di Telemax.
In Trentino-Alto Adige la ROSENGARTEN S.P.A che controlla Video Bolzano 33, sempre nel 2014, ha incassato un finanziamento di 105.494,21 euro. In Calabria, Tele Europa e Video Calabria hanno intascato rispettivamente 105.733,66 e 89.091,39 euro.
In Campania, Julie Italia, incassò all’epoca 222.406,66 euro mentre Napoli Canale 21 218.264,33 euro. In Puglia Telenorba mise in cassa 1.310.586,45 euro.
Soldi, soldi, soldi
Provate a immaginare queste somme distribuite negli anni 2015-2018 per tutte le tv italiane (3082 hanno fatto richiesta). Non solo. Provate a immaginare il fiume di denaro finito sui conti correnti delle tv comunitarie, delle radio e dei giornali. I contributi ricevuti dalla carta stampata nel solo 2017 ammontano a circa 60 milioni di euro. Nel 2016 sono state 54 le testate che hanno ricevuto cospicui contributi con in testa Avvenire con quasi 6 milioni. A completare il podio Italia Oggi e Libero e, infine, Manifesto, Il Foglio, Secolo d’Italia, L’Opinione e La Voce.
La carta stampata
Una legge del 1981 aveva stabilito che in Italia fosse previsto un contributo fisso per ogni copia stampata, con la cifra che subiva una maggiorazione del 15% nel caso il giornale fosse edito da una cooperativa di giornalisti.
Nel 1990 poi le già ampie maglie del finanziamento vengono allargate ulteriormente anche ai giornali organi di partito presenti al Parlamento Europeo: per avere i soldi quindi bastava avere anche un solo eurodeputato.
Nel 2008 però il parlamento ha iniziato a mettere mano alla legge sul finanziamento all’editoria, abolendo per prima cosa ogni criterio legato alla tiratura. Alla fine nel 2014 il sistema di contribuzione diretta è stato abolito.
Al momento quindi esiste una forma di finanziamento che è regolato dalla legge n.198 del 2016, proposta dal ministro allo Sport con delega all’editoria Luca Lotti. Nel decreto viene definito chi può richiedere il contributo pubblico.
Contributi indiretti
Una stima dei contributi indiretti dall’inizio del millennio ai giorni nostri ammonterebbe a circa 3 miliardi di euro.
Tra i contributi indiretti troviamo l’obbligatorietà di pubblicazione degli avvisi di gare. Pubblicità legale che nel 2017 ammonterebbe a poco più di 67 milioni di euro. A questi vanno ad aggiungersi le agevolazioni di credito.
Nel 2015 (l’ultimo anno con bilanci pubblicati da tutte le società e aggregato in uno studio da Confindustria Radio Tv) il comparto delle emittenti locali comprendeva 458 società televisive. Di queste solo 338 hanno pubblicato il bilancio, in calo di 32 soggetti. Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Puglia rappresentano il 29% delle imprese totali (rapportate alle 458) e oltre la metà dei ricavi di un settore che nel 2015 ha fatturato 323,7 milioni (-10% sul 2014).
Ora il governo è deciso nel tagliare i fondi. Ci riuscirà? Ma, soprattutto, sarà in grado di prevedere aiuti per gruppi editoriali che realmente producono occupazione, contenuti?
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