Un altro buco, questa volta di 44 milioni. I conti del 2020 vanno in rosso per Caltagirone editore, la società che raccoglie tutte le testate dell’impero del costruttore romano, dal Messaggero al Mattino al Gazzettino fino a Corriere adriatico, Quotidiano di Puglia e Leggo.
Un buco nell’editoria generato dall’ulteriore passivo di bilancio, la svalutazione per 57 milioni del valore delle testate. Per l’imprenditore romano le vicende si ripetono. Nel 2019 la svalutazione delle testate è stata di 30 milioni. Ogni anno, da tempo, Caltagirone editore è costretto a mettere mano al tesoretto dei suoi brand limando i valori. Oggi il suo parco giornali vale solo 103 milioni, la metà del valore a bilancio a inizio del 2019 e un terzo del valore registrato solo 5 anni prima quando Messaggero e C. erano iscritti nei conti a quasi 300 milioni di euro.
Meno copie, meno ricavi, testate che valgono sempre meno.
Nel 2020 è proseguita la caduta dei ricavi. Una sforbiciata del 12% delle entrate con il fatturato sceso per il gruppo editoriale a 119 milioni dai 136 del 2019. Il tracollo delle copie in edicola non riesce ad essere compensato dalle copie digitali. Troppo è il divario di prezzo tra carta e digitale per poter contenere il crollo nelle edicole. L’ultimo utile della società editoriale della famiglia Caltagirone risale al 2010. Solo 6 milioni di utili su ben 240 milioni di ricavi. Dieci anni dopo Caltagirone si ritrova con ricavi dimezzati e soprattutto con un filotto di perdite consecutive record di 400 milioni, di cui oltre 170 milioni solo negli ultimi 5 anni.
L’impero di Caltagirone
L’ottantenne patriarca della famiglia Francesco Gaetano siede su un impero societario sterminato che va dalle costruzioni al cemento con Cementir ai grandi lavori con Vianini alla finanza. Prima con Mps ora con Generali con il suo 5,6% del capitale. La sola Caltagirone Spa, l’holding industriale, siede su un patrimonio netto di oltre 2 miliardi e su liquidità per 600 milioni di euro.
A quanto pare i giornali sono uno strumento di potere, di consenso e di pressione. Perdere soldi lì a fronte dei benefici indiretti del controllo della stampa è un prezzo più che sopportabile da pagare. E in effetti i 400 milioni persi in 10 anni sulla stampa è poco. La Caltagirone editore ha ancora in pancia parte dei soldi del sovrapprezzo della quotazione e può contare tuttora su un patrimonio netto nonostante le perdite record di 340 milioni e liquidità per 100 milioni. Soldi per tamponare il disastro delle perdite ci sono.
Buchi di bilancio che rappresentano un piccolo male necessario, pur di garantirsi un ruolo di influenza sull’opinione pubblica. Nella partita per il potere in Generali, Caltagirone si è tolto già più di una soddisfazione. Ha investito pazientemente nel tempo poco più di un miliardo di euro in titoli del Leone di Trieste. Ora ai prezzi odierni di Generali quel pacchetto di 89 milioni di azioni vale già oltre un miliardo e mezzo, con una plusvalenza implicita di 500 milioni.