La scadenza del Dpcm è vicina. La decisione sugli spostamenti tra regioni arriverà solo nel fine settimana, all’immediata vigilia della scadenza del divieto fissata per lunedì 15.
La preoccupazione dei tecnici è per l’espandersi delle varianti al Covid nelle regioni dell’Italia centrale. Speranza e Boccia – ormai in uscita dal governo – si schierano sulla linea dell’estrema prudenza e per la proroga del divieto almeno fino al 5 marzo, data di scadenza del Dpcm. La decisione politica tocca al nuovo governo.
Al Comitato tecnico scientifico nessuno ha chiesto un parere sull’opportunità di far cadere o prorogare il blocco degli spostamenti tra le regioni. E dunque nessun orientamento ufficiale è stato espresso. Quattro i possibili scenari.
Il divieto decade il 15
Se da qui a lunedì prossimo non interverrà alcun decreto-legge, da martedì 16 gli italiani saranno liberi di spostarsi da una regione all’altra senza più dover motivare con autocertificazione. Il Dpcm attualmente in vigore, che scade il 5 marzo, prevede infatti il blocco agli spostamenti tra regioni fino al 15 febbraio.
Decreto prima della fiducia
Il premier incaricato Mario Draghi potrebbe decidere di emanare un provvedimento nei prossimi giorni. Se per lunedì prossimo il nuovo governo avrà già avuto la fiducia delle Camere sarà nella pienezza dei suoi poteri. Se non lo fosse, basterà che il premier e i ministri abbiano giurato al Quirinale per consentire l’adozione di un provvedimento ritenuto urgente.
Proroga fino al 5 marzo
La terza via potrebbe essere percorsa nel caso in cui Speranza rimanga al ministero della Salute. In quel caso è probabile che un decreto legge proroghi il blocco degli spostamenti fino al 5 marzo, data di scadenza dell’intero Dpcm. Se invece la casella della Sanità dovesse essere affidata ad un nuovo ministro tutto verrà messo in discussione.
La parola del Quirinale
L’ipotesi meno probabile è quella di un intervento del Quirinale. A fronte di una scadenza, per scongiurare il rischio del liberi tutti verrebbe chiesto informalmente al Quirinale una sorta di ombrello protettivo per adottare una decisione che, a questo punto, perderebbe il suo valore politico e sarebbe adottata solo come provvedimento d’urgenza.