Non è passata nemmeno la notte dall’annuncio del nuovo Dpcm, che Giuseppe Conte ha fatto già marcia indietro sul testo.
A poche ore dalla firma del nuovo dpcm emergono dubbi sul testo definitivo. Durante la conferenza stampa di presentazione Giuseppe Conte aveva annunciato una misura che delegava ai sindaci la chiusura a partire dalle 21 di strade e piazze particolarmente frequentate.
Giuseppe Conte come Ponzio Pilato: sul Dpcm si è lavato le mani
La decisione è stata giustificata dal premier come una risposta alla maggior autonomia rivendicata dalle autorità locali. Una norma che, nemmeno a dirlo, non è piaciuta ai destinatari, in particolare ai sindaci. Un vero e proprio scaricabarile quello di Conte che ha generato l’ira dei primi cittadini.
Covid, nuovo Dpcm: tutte le misure
A quel punto, Giuseppe Conte ha pensato bene di fare marcia indietro cancellando la misura incriminat dal testo definitivo del dpcm pubblicato sul sito di palazzo Chigi.
La norma presentata da Conte
“I sindaci potranno disporre la chiusura al pubblico dopo le 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti, consentendo l’accesso solo a chi deve raggiungere esercizi commerciali o abitazioni private”. Così presenta la norma il premier a palazzo Chigi. È la prima norma presentata da Conte. “I sindaci potranno disporre la chiusura al pubblico dopo le 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti…”, si leggeva in una bozza del testo, come riporta Adnkronos.
L’ira dei sindaci
La delega alle autorità locali ha fatto infuriare l’Anci, l’associazione dei primi cittadini. “Il governo, senza nemmeno affrontare il tema nelle numerose riunioni di queste ore, inserisce in un dpcm una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la responsabilità del coprifuoco agli occhi dell’opinione pubblica. Questo non lo accettiamo. Ci saranno le forze dell’ordine a controllare le aree pubbliche in cui sarà vietato l’ingresso e a riconoscere residenti e avventori dei locali? I cittadini non si sposteranno da una piazza a un’altra? Nei momenti difficili le istituzioni si assumono le responsabilità non le scaricano su altre istituzioni con cui lealmente dovrebbero collaborare. I sindaci sono abituati ad assumersi le loro responsabilità. Vorremmo che tutte le istituzioni facessero lo stesso”, tuona il sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio Decaro. Al duro attacco di Decaro, si accodano a stretto giro anche il sidaco di Palermo Leoluca Orlando e di Firenze Dario Nardella.
Il dietrofront di Conte
Giorgio Gori, in un nuovo tweet, evidenzia come, subito dopo la polemica dell’Anci, la norma sia stata tolta dal testo definitivo del dpcm. La decisione arriva in piena notte quando Giuseppe Conte telefona al presidente dell’Anci Decaro promettendogli la modifica della norma.
Il caos delle decisioni
Dunque, a questo punto a chi spetta la competenza? “Delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento – si legge al comma 2-bis dell’art. 1 del testo approvato – può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le ore 21,00, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private”.
Insomma, messa la pezza è stata messa per lo scaricabarile lamentato dai sindaci. Ma, manco a dirlo, a palazzo Chigi si sono dimenticati di specificare a chi spetti l’istituzione di zone rosse a livello locale.
A chiarire ci prova il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia: “Nel Dpcm c’era una norma che richiamava espressamente i sindaci. Quella norma è stata smussata. Detto questo, se c’è un quartiere da chiudere lo decidono i sindaci e non c’era neanche bisogno di inserirlo nel Dpcm perchè è già così, è un potere dei sindaci”.
Un governo in preda al panico e che naviga a vista.