Discarica Bussi: il Csm 'boccia' Camillo Romandini
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Condannato due anni fa dalla Sezione disciplinare del Csm, oggi sul giudice Camillo Romandini cala l’ennesima scure del Consiglio superiore della magistratura.

Camillo Romandini era accusato di aver detto ai giudici popolari del processo sulla discarica Bussi, in una cena avvenuta tre giorni prima della camera di consiglio, che in caso di condanna gli imputati avrebbero potuto fare causa anche nei loro confronti ottenendo un cospicuo risarcimento del danno.

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Parole – secondo la sentenza – in grado di incidere sulla libertà e serenità dei giudici non togati, tenuto conto che lui era il presidente del collegio. Ora quella stessa vicenda è costata al giudice Camillo Romandini, oggi consigliere della Corte di appello di Roma e all’epoca presidente di sezione del tribunale di Chieti, una bocciatura da parte del Csm. Ovvero il non superamento della valutazione di professionalità, la verifica periodica a cui sono sottoposti i magistrati. E dal cui esito dipendono gli avanzamenti di carriera e gli scatti retributivi.

Romandini ha sempre respinto la ricostruzione di quell’episodio. Ha affermato che lui si era limitato a un discorso generico e di poche battute sulla responsabilità civile dei magistrati, rispondendo alla domanda di uno dei giudici popolari. Ma per la sentenza disciplinare e ora per il giudizio negativo del Csm pesa il fatto che abbia dato informazioni “inesatte e incomplete”. Omettendo di dire ai giudici popolari che rispondono solo in caso di dolo e che in Italia non c’è la responsabilità civile diretta nei confronti dei magistrati. La sua condotta è stata una “grave deviazione dai principi di equilibrio e imparzialità”, afferma il plenum nella delibera che è stata approvata all’unanimità.

Le rivelazioni

Le due giudici popolari avevano rivelato come il magistrato in una cena organizzata nella pizzeria della Martini qualche giorno prima della sentenza avesse fatto delle allusioni sulle proprietà del giudice popolare.

“Se noi condanniamo per dolo gli imputati dell’Edison, può succedere che loro si appellano e possono farci causa singolarmente ad ognuno di noi. A lei va di giocarsi tutta questa roba?”

Parole che avrebbe pronunciato Romandini alla Martini come si legge nel dispositivo del Gip. E che nella sentenza di Campobasso ha accolto la richiesta di archiviazione proposta dal pm. Sia il Csm che il tribunale di Campobasso hanno messo una pietra sopra alla vicenda dando ragione alla Martini e non a Romandini. In quanto “gli elementi probatori sono quindi insufficienti a sostenere la falsità delle informazioni rese dalle indagate nel corso del procedimento penale”, come si legge nella sentenza del Gip D’Agnone.
Per i giudici di secondo grado dell’Aquila, invece, avevano riconosciuto il disastro ambientale e quindi condannato 10 degli imputati, mentre avevano dichiarato prescritto l’altro capo dell’imputazione, l’avvelenamento colposo di acque. La Cassazione successivamente nel 2018 aveva annullato le statuizioni civili, ritenendo il processo prescritto prima della sentenza di primo grado, ma, passaggio decisivo per il prosieguo delle bonifiche, aveva confermato il disastro ambientale e l’avvelenamento delle acque.

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