Dopo un decennio a lottare nei tribunali i giudici si accorgono che i loro colleghi avevano sbagliato tutto. Ed ora si riparte con un altro processo. Intanto, quei giudici che avevano sbagliato, hanno contribuito, con le loro sentenze, la chiusura di un quotidiano online che dava molto fastidio.
“Non ho trovato in queste Paese nessun tipo di certezza del diritto. Oggi non faccio più il giornalista, mi occupo di altro e non ho alcuna intenzione di riprendere questo percorso”.
A parlare è Alessandro Biancardi, ex direttore del giornale online abruzzese PrimaDiNoi.it. Il suo commento all’Ansa arriva dopo aver appreso dell’ordinanza della Cassazione che, il 19 maggio scorso, ha annullato con rinvio una precedente sentenza del tribunale di Pescara. La Cassazione ha stabilito che il soggetto al centro di una notizia vera non possa pretenderne la cancellazione dall’archivio di un giornale online. Una decisione storica per l’informazione e, soprattutto, per blog e giornali online.
La vicenda Primadanoi
Tutto parte da una caso di cronaca, la storia di due fratelli settantenni che, in seguito a un litigio, l’uno accoltella l’altro. Una notizia riportata dal primo quotidiano online abruzzese nel 2008. Fatto, questo, che ha portato Primadanoi ha chiudere definitivamente dieci anni dopo.
Il giornale, attivo dal 2005 al 2018, fu costretto a chiudere anche a causa di una serie di ricorsi innescata da un precedente pronunciamento, di senso opposto, della Cassazione. Pdn fu condannato dal tribunale di Pescara in seguito al rifiuto di cancellare un articolo riguardante un’altro soggetto che si era reso protagonista, nel 2015, di un patteggiamento per reati di frode e falso in atto pubblico.
“Nessuno mi convincerà mai che può esistere una legge che ti obbliga a cancellare notizie veritiere”, ha spiegato Biancardi recentemente in un’intervista al New York Times. Sulla strada di Primadanoi cadde il macigno della normativa europea sul diritto alla privacy e, soprattutto, quello del diritto all’oblio che consente ai cittadini di richiedere che una società o un sito Web cancelli il materiale considerato vecchio, irrilevante, impreciso o eccessivo. Una “tutela” che risale agli anni ’90 e che ogni paese ha applicato in modo diverso.
La svolta c’è stata con l’intervento, nel 2014, della Corte suprema dell’Unione europea.
Nel caso di specie il Tribunale di Ortona aveva condannato al risarcimento del danno per violazione del diritto all’oblio sia il direttore che l’editore per la permanenza a tempo indeterminato dell’articolo. La Suprema Corte aveva confermato in toto la decisione del Tribunale evidenziando che “l’illecito trattamento di dati personali è stato specificamente ravvisato non già nel contenuto e nelle originarie modalità di pubblicazione e diffusione on line dell’articolo di cronaca e nemmeno nella conservazione e archiviazione informatica di esso, ma nel mantenimento del diretto ed agevole accesso a quel risalente servizio giornalistico pubblicato tempo fa e della sua diffusione sul Web, quanto meno a decorrere dal ricevimento della diffida in data 6.09.2010 per la rimozione della pubblicazione dalla rete.”
Il caso Primadanoi finisce sulla pagine del New York Times
Il ribaltamento della Cassazione
Oggi la Cassazione ribalta le decisioni assunte fino a questo momento. Nell’ordinanza si legge che: “La persona protagonista della notizia, salvi i limiti di verità di quest’ultima, non potrà ottenere la cancellazione dall’archivio di un giornale on-line invocando il diritto ad essere dimenticata”. A questo punto la sentenza dovrà ora essere riassunta davanti ad un diverso collegio, per una nuova decisione.
I giudici di Cassazione rilevano che il tribunale di Pescara non ha “accertato se l’intervallo di tempo intercorso, pari ad un anno e otto mesi circa” – ovvero tra il patteggiamento della persona al centro della notizia e la presentazione del suo ricorso contro Pdn – “integrasse o meno il fattore tempo presupposto del diritto all’oblio”. Non solo. Lo stesso tribunale di Pescara “non ha provveduto ad un giudizio di bilanciamento tra i diritti in gioco, omettendo di verificare, rispetto alla notizia giornalistica, la ricorrenza del diritto all’oblio oppure di perduranti e prevalenti diritti di cronaca giudiziaria o di documentazione ed archiviazione”.
La soddisfazione dell’ex direttore, Alessandro Biancardi
“Quanto stabilito negli ultimi giorni dalla Cassazione – sottolinea Biancardi – è esattamente ciò che io sostengo dal 2010 e mi sembra qualcosa di apocalittico che un piccolo giornalista di provincia abbia visto più lungo di tutti i giudici di ordine e grado che ha incontrato fino ad oggi sulla sua strada, e della stessa Cassazione, che in precedenza aveva espresso un parere di senso opposto”. E conclude: “il ravvedimento della Cassazione sul diritto all’oblio è un dato epocale per tutti gli operatori dell’informazione digitale”.