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Diga Trinità, il paradosso siciliano: svuotata per errore, ora si cerca di riempirla

Diga Trinità, il paradosso siciliano: svuotata per errore, ora si cerca di riempirla

Errore sulla diga Trinità: svuotata senza motivo, ora si tenta di riempirla. Coldiretti denuncia, Schifani annuncia investimenti.

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La Sicilia continua a sorprendere con le sue contraddizioni: nel giro di due mesi, si scopre che lo sversamento dell’acqua della diga Trinità di Castelvetrano, nel Trapanese, era un errore evitabile.

Diga Trinità, il paradosso siciliano: svuotata per errore, ora si cerca di riempirla. Coldiretti Sicilia alza la voce, definendo la vicenda «oltre ogni logica» e sottolineando come «sia stato commesso un grave sbaglio». Il paradosso è servito: prima la diga è stata svuotata, ora si spera di poterla riempire di nuovo, a patto che la pioggia sia clemente. «Non possiamo far finta di niente davanti a responsabilità così gravi, specialmente dopo anni di siccità che hanno messo in ginocchio l’agricoltura locale», denuncia l’associazione.

Il malcontento tra agricoltori e allevatori è palpabile.

Da mesi, assistono impotenti allo spreco di milioni di litri d’acqua in una regione che ne ha disperatamente bisogno. Eppure, secondo le verifiche condotte dalla Regione Siciliana, non esisteva alcun rischio di crollo della diga. Il team di esperti incaricato ha riscontrato gravi incongruenze nella relazione del Ministero delle Infrastrutture, che aveva decretato la dismissione dell’invaso. La diga, quindi, è sicura e l’acqua non sarà più dispersa. Ad annunciarlo è stato il presidente della Regione, Renato Schifani: «Il Ministero delle Infrastrutture ha sospeso il provvedimento di messa fuori esercizio della diga Trinità».

Nei giorni scorsi, la Regione aveva diffuso i risultati di un’indagine tecnica condotta sotto la guida del professore Salvatore Miliziano.

«Nonostante sia stata costruita nel 1959, prima delle attuali normative antisismiche, la diga non presenta criticità tali da giustificare lo svuotamento» si legge nel rapporto. Alla luce di questi risultati, la Regione ha chiesto ufficialmente al Ministero il permesso di riportare il livello dell’acqua a 64 metri. Gli esperti, lavorando in tempi record, hanno smontato la relazione precedente, evidenziandone errori e valutazioni incoerenti. Le analisi su strutture portanti, cunicoli e materiali hanno escluso qualsiasi rischio strutturale rilevante.

Ma cosa succederà adesso?

In attesa di ulteriori controlli e verifiche sui sistemi di drenaggio, il livello dell’acqua potrà essere ripristinato fino a 62 metri. Una vittoria importante per la Regione, che considera la diga Trinità un’infrastruttura strategica per l’agricoltura siciliana, in grado di irrigare 6.000 ettari di terreno.

«Abbiamo lavorato con determinazione per risolvere questa situazione», ha dichiarato Schifani. «Grazie anche al lavoro del commissario ad acta Salvo Cocina, abbiamo ottenuto un risultato che avrà ricadute immediate su migliaia di ettari di terreni agricoli».

Coldiretti Sicilia, però, non abbassa la guardia e chiede risposte: «Perché è stato permesso che milioni di litri d’acqua finissero in mare? Si poteva agire prima e meglio. Questa vicenda dimostra ancora una volta quanto siano obsolete le infrastrutture idriche dell’isola». Il problema della siccità, infatti, resta drammaticamente attuale. Schifani, consapevole dell’emergenza, ha annunciato un investimento di 300 milioni di euro per costruire cinque nuovi dissalatori, «una risposta concreta alla crisi idrica e ai cambiamenti climatici».

Ma nel Trapanese si profila un nuovo problema: le organizzazioni sindacali denunciano che anche l’acqua della diga Rubino rischia di essere scaricata in mare. «La riduzione della capacità dell’invaso è stata imposta dal Ministero delle Infrastrutture», spiegano i rappresentanti del settore agricolo.

«Ci dicono che si tratta di una misura precauzionale, ma non sappiamo quali siano i reali problemi della diga né quali interventi siano previsti per risolverli», dichiarano Cipriano Sciacca ed Enzo Daidone di Confsal Sicilia. Con loro, i segretari provinciali Pino Aleo di Copagri e Michele De Maria di FederAgri, che chiedono un incontro urgente per fare chiarezza.

Nel frattempo, anche nell’Agrigentino cresce la preoccupazione. Questa è la provincia siciliana storicamente più colpita dalla crisi idrica, dove gli agricoltori temono di non poter irrigare i campi in tempo per la stagione produttiva. E la situazione non riguarda solo l’agricoltura: in molte zone di Agrigento, l’acqua potabile arriva a singhiozzo, con alcune aree che in estate ricevono rifornimenti solo ogni 20 giorni.

Sicilia, terra di sole, ma soprattutto di sete.

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