Decreto dignità e lavoro: facciamo chiarezza sulle ultime disposizioni
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Il 9 agosto 2018, con 155 voti favorevoli, 125 contrari e un unico astenuto, il Decreto Dignità approvato con decreto legge a luglio 2018 e fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle e dall’allora Ministro del Lavoro Di Maio, superava la prova in Senato diventando legge.

Le principali disposizioni legislative contenute nel testo del decreto sono state concepite con lo scopo di combattere il precariato. Non solo. Di evitare la delocalizzazione delle aziende, di porre una stretta sui contratti a tempo determinato, salvaguardando i livelli occupazionali. In più, il decreto include misure per contrastare il disturbo da gioco d’azzardo, vietando la pubblicità esplicita a siti di giochi e scommesse, proprio per disincentivare gli italiani a puntare denaro. 

Quest’ultimo punto, all’epoca portò molti a storcere il naso, in quanto direttive del genere tendono sempre a spingere le persone verso mercati illegali e non tutelati. Il comparto dei giochi a distanza in Italia, così come quello che si svolge nelle sale da gioco, è regolato dall’ADM, ovvero l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato, ente che si occupa di tutelare gli utenti in materia di gioco d’azzardo e di garantire che l’offerta, di questi operatori, non solo di gioco, sia trasparente e sicura. A tal proposito, ecco perché è importante affidarsi a piattaforme indipendenti che si occupano di scovare, valutare e recensire in maniera super-partes i siti di casinò e slot legali e autorizzati dall’ADM, nonché di offrire consigli sui pagamenti, i giochi a disposizione e le promozioni come i bonus senza deposito

In materia di lavoro qual è il fine ultimo del decreto dignità?

Il vero obiettivo del decreto dignità è quello di contrastare il precariato e di favorire l’occupazione su tutto il territorio nazionale. Dunque, sì ad assunzioni a tempo indeterminato che tutelino sia i lavoratori che l’azienda. E quindi, secondo il decreto-legge è vietato assumere a termine? Naturalmente no, ma ci si aspetta dal datore di lavoro di utilizzare un contratto a termine solo in caso di stretta necessità. Il decreto vuole, di fatti, restituire dignità lavorativa a chiunque si trovi in una situazione di precarietà, attraverso normative sui contratti, così da garantire occupazioni definitive che assicurino un futuro stabile. Ovviamente, sono esentate da queste normative le attività stagionali, che hanno un termine fissato alla fine della stagione in cui i lavoratori prestano servizio. 

Quali novità ci sono per i contratti a tempo determinato?

Proprio per incentivare i datori di lavoro a offrire forme contrattuali più stabili ai lavoratori, il decreto stabilisce una riduzione dell’utilizzo dei contratti a termine. La durata massima passa da 36 mesi stabilita precedentemente dal Jobs Act, a 24. Per quanto riguarda i rinnovi, invece, si passa da cinque a quattro, rispettando sempre una durata massima di 24 mesi. In termini di proroghe, dopo la quarta, il contratto a tempo determinato deve necessariamente trasformarsi in indeterminato. Il cambio di contratto, inoltre, deve riferirsi alla stessa attività lavorativa svolta durante il contratto a termine.

Per scoraggiare ulteriormente le aziende dall’assumere a termine, ci sono contributi aggiuntivi per tutti coloro che assumono a tempo determinato. Attualmente sono pari all’1,9% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Che significa? Significa che un lavoratore a termine al momento costa all’azienda molto di più di un assunto a tempo indeterminato. Infine, nell’ambito dei licenziamenti, questi devono essere giustificati da un motivo oggettivo o da giusta causa. Nel caso di licenziamenti ingiustificati, l’indennità che spetta al lavoratore sale da un minimo di sei mensilità fino a un massimo di 36. Si tratta di un’indennità non soggetta a contribuzione che viene calcolata sull’ultima retribuzione per quantificare il TRF.

Cosa cambia per le aziende?

Il Decreto Dignità non ha avuto un impatto significativo sul lavoro in somministrazione, che rimane un’alternativa valida per tutte le aziende che vogliono allargare il proprio organico. Il fine ultimo della riforma, come già detto, è di contrastare la disoccupazione e di offrire ai lavoratori una maggiore sicurezza attraverso contratti di lavoro a tempo indeterminato. 

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