Mentre Trump gioca coi mercati e l’Europa tira il fiato, i numeri dicono che l’Abruzzo è una delle regioni italiane più esposte all’export verso gli Stati Uniti. I dati aggiornati del Centro studi Confartigianato Chieti-L’Aquila accendono i riflettori su un territorio che rischia grosso.
Dazi USA-UE: tregua salvifica. Ma l’Abruzzo resta esposto e in bilico. Nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea è scattato un cessate il fuoco. Una tregua fragile, temporanea, e tutta da verificare. Intanto, però, le imprese italiane – e in particolare quelle abruzzesi – possono permettersi di tirare un mezzo sospiro di sollievo. Perché se i dazi minacciati da Donald Trump fossero diventati realtà, l’effetto domino sull’economia locale avrebbe colpito duro. E tra le prime a cadere ci sarebbe stata proprio l’Abruzzo.
A certificarlo sono i dati – secchi, inequivocabili – del Centro studi di Confartigianato Chieti L’Aquila. L’Abruzzo è la quarta regione in Italia per esposizione verso il mercato statunitense. Tradotto: il 5% del valore aggiunto regionale dipende direttamente dall’export manifatturiero destinato agli USA. Un dato ben sopra la media nazionale, ferma al 3,6%.
Ma c’è di più.
La provincia dell’Aquila – spesso fuori dai radar delle grandi analisi economiche – spicca con un clamoroso 15,1% di esposizione: è la terza più esposta in Italia. Qui, le esportazioni verso gli Stati Uniti toccano quota 1,132 miliardi di euro, con una crescita nel 2024 del +9%. Un balzo in avanti che racconta di imprese abruzzesi sempre più agganciate al mercato americano. E quindi, sempre più vulnerabili alle sue scosse.
Segue Chieti, con 291 milioni di euro di export, pari a un’esposizione dell’1,9%, ma con un incredibile +46,1% di crescita nel 2024. Un rimbalzo notevole, che però porta con sé il fiato corto dell’instabilità internazionale. Teramo, invece, accusa un -29,6%, segno che qualcosa si è rotto nei rapporti con il mercato d’oltreoceano. Mentre Pescara, seppur con numeri più contenuti, registra un sorprendente +33,2%.
In totale, l’Abruzzo esporta verso gli Stati Uniti per un valore di 1,619 miliardi di euro.
Numeri che valgono alla regione il quinto posto nella classifica nazionale, dove primeggiano Toscana, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia. E dove gli USA – che nel 2022 hanno superato la Francia – si piazzano come secondo mercato del made in Italy, dopo la Germania. Il volume complessivo dell’export italiano verso gli Stati Uniti, nel 2024, ha raggiunto i 64,7 miliardi di euro, pari al 10,4% delle vendite totali all’estero.
Ma mentre i numeri crescono, le certezze vacillano. Perché la tregua, come spesso accade in economia, è più un gioco politico che una garanzia. Lo sa bene Camillo Saraullo, presidente di Confartigianato Chieti L’Aquila, che invita alla cautela:
“La moratoria dei dazi tra Stati Uniti e Unione Europea apre gli spazi per la negoziazione, ma bisogna continuare a puntare tutto sulla qualità delle nostre produzioni”, ha dichiarato. Perché se è vero che il made in Italy piace, è anche vero che la competizione globale è sempre più feroce. E che ogni battito d’ali geopolitico tra Washington, Bruxelles e Pechino può trasformarsi in un terremoto per le imprese locali.
Il nodo Cina, infatti, resta sullo sfondo come una miccia accesa. Un’escalation nei dazi tra USA e Cina potrebbe colpire a raggiera anche l’Europa. E a quel punto, la tregua con l’Unione europea potrebbe non bastare più.
“Noi continueremo a garantire supporto e strumenti alle imprese”, promette Saraullo. Ma la verità è che in questo scenario, ogni impresa è in trincea. L’Abruzzo ha dimostrato di saper correre sui mercati internazionali. Ora dovrà dimostrare di saper resistere anche quando il vento cambia.