Per via della crisi di governo, Sergio Mattarella ha aperto stamattina al Quirinale la seconda giornata di consultazioni per cercare di risolvere la crisi di governo.
Ad essere ricevuti per prima il gruppo delle Autonomie del Senato e i rappresentanti dei gruppi Misti di Camera e Senato. Poi, man mano, sarà la volta di tutti gli altri partiti.
Giuseppe Conte si dimette e sale al Colle
L’attenzione è puntata sulla strategia di Renzi che anche ieri ha lanciato segnali diversi sulla soluzione della crisi dopo che Teresa Bellanova ha lanciato l’ipotesi di affidare l’incarico al leader grillino Luigi Di Maio. La capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi, invece, ha ipotizzato un ritorno a casa di Paolo Gentiloni come possibile premier con Giuseppe Conte che prenderebbe il suo posto nella Commissione europea. E Mario Draghi al ministero dell’Economia in attesa di essere eletto capo dello Stato.
Proposte rifiutate da Pd e M5S perché ritenute come tentativi di dividere la maggioranza e creare divisioni dentro ai partiti che invece sostengono il reincarico al premier. Con il Pd in pressing su Renzi. Alle consultazioni c’è “l’obbligo di scandire bene le idee, per rispetto del presidente della Repubblica. Noi lavoriamo per l’interesse generale, per trovare punti di equilibro. Siamo al momento, al di là delle battute, in cui si deve dire quello che si pensa del futuro del Paese” dice il ministro Enzo Amendola.
Il dilemma di Conte: lasciare o avviare il “patto tra gentiluomini”
Se da una parte c’è una prospettiva tracciata da Italia viva che tutto sommato potrebbe essere accettabile vista la situazione, dall’altra c’è chi spinge per un governo Ursula.
Espressione che sta a indicare una maggioranza che abbia come perno Pd-M5s-Leu, con stampo europeista con dentro anche Forza Italia. Resterebbero escluse le forze non europeiste, come Lega e FdI, mentre i berlusconiani e qualche altro ‘costruttore’ d’area andrebbero a sostituire Italia viva. Scenario possibile solo se Conte e l’ala dura dei 5 Stelle l’avessero vinta sull’esclusione dei renziani.
A inaugurare la parola fu Romano Prodi nell’estate del 2019 per benedire l’intesa tra M5S e Pd in riferimento alle forze politiche che, proprio nel luglio 2019, a Strasburgo hanno dato il loro voto per eleggere il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. In quel caso la maggioranza era composta da Pd, M5s e Ppe (popolari europei), partito di cui fa parte Forza Italia. Allora, però, la ‘stampella’ decisiva arrivò dai voti dei 5 Stelle; oggi, nel Parlamento italiano, sarebbe invece Forza Italia a ‘sparigliare’ le carte, permettendo a Conte di tornare in sella. Le ultime dichiarazioni, però, non sembrano andare in questa direzione.