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Crac gruppo Ferri: “i magistrati ci chiesero 4milioni di euro per fermare le indagini”

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“Ci hanno distrutto, aggredendo anche i nostri beni patrimoniali e lasciando in mezzo alla strada oltre tremila persone e distruggendo una azienda che fatturava 400 milioni di euro l’anno”.

Correva l’anno 2003 quando il gruppo Ferri aveva 400 negozi. A distanza di sedici anni i giudici della Cassazione hanno chiuso il processo perché andato in prescrizione. E i fratelli di Corato solo oggi, hanno denunciato di aver subito una estorsione: un avvocato, avrebbe chiesto 4 milioni di euro per salvarli dall’indagine condotta dall’allora pm di Trani, Antonio Savasta, e dagli arresti e dalle altre misure cautelari disposte dall’allora gip Michele Nardi.

Un Pm e un giudice in carcere per associazione per delinquere, corruzione e falso. Sequestrati beni per oltre un milione di euro tra cui diamanti e Rolex

Nella stessa trappola sarebbe caduto anche l’agricoltore Francesco Casillo, che ha parlato di un milione di euro versati per far chiudere l’inchiesta di Savasta sul grano contaminato. Nel fascicolo trasmesso dai militari al procuratore Leonardo Leone de Castris c’è qualcosa in più: una denuncia presentata dalla gip Maria Grazia Caserta, che segnalava possibili irregolarità da parte di Nardi nella gestione dei compensi ai commissari giudiziali del gruppo Ferri.  

L’inchiesta nacque grazie alle denunce di alcuni dei gestori dei punti vendita del gruppo Ferri.

“Una sera dell’ottobre 2003 fui chiamato da mio fratello Filippo che mi chiese di parlarmi urgentemente” racconta Francesco Ferri. “Mi raggiunse a casa ed era in compagnia del geometra Attilio de Palma, mi rappresentarono entrambi che per sistemare la crisi aziendale che si stava creando, bisognava rivolgersi all’avvocato Miranda, che conosceva bene sia Michele Nardi che Antonio Savasta rispettivamente Gip e pubblico ministero del procedimento penale che riguardava la nostra azienda. L’Attilio de Palma disse subito che per sistemare la situazione erano occorrenti 4 milioni di euro da consegnare a Vincenzo Miranda che a sua volta li avrebbe recapitati ai due magistrati Nardi e Savasta”.




Ferri con i fratelli Riccardo e Antonio concordarono un acconto di 500mila euro. Ferri riferisce che l’avvocato Vincenzo Miranda “ci fece vedere alcuni provvedimenti restrittivi che riguardavano la nostra famiglia che sarebbero stati eseguiti di lì a breve”, come effettivamente avvenne. “L’incontro con Vincenzo Miranda avvenne nel novembre 2003 mentre i primi di dicembre furono eseguiti i primi provvedimenti restrittivi che riguardavano tutta la nostra famiglia. Subito dopo le misure restrittive Vincenzo Miranda ci ha riconvocato e ha detto che erano pronte altre misure più severe che sarebbero andate in esecuzione di li a poco se non avessimo ottemperato alla richiesta di danaro”.

Miranda “reiterò la richiesta di denaro sostenendo che per calmierare i due magistrati si sarebbe accontentato di una tranche di 500mila euro”. “Racimolai la cifra di 215mila euro che aggiunti alla somma di circa 60/80mila euro, non ricordo con precisione, che mi diede mio fratello Antonio, li ho consegnati a Vincenzo Miranda presso il suo studio di Trani”.

Non soddisfatto, secondo Filippo Ferri, l’avvocato Miranda propose di avere il Tfr degli amministratori del gruppo. “Ci disse che per assicurare la cifra richiesta in origine, cioè i 4 milioni di euro, dovevamo incassare i premi assicurativi, che ammontavano a circa un milione e mezzo di euro e dovevamo consegnarglieli”. Il tentativo non va in porto, perché la compagnia rifiuta di liquidare le polizze.  

Un televisore 3D da 60 pollici da 974 euro, un plasma da 64 pollici da 1.433 euro. E poi cellulari, iPhone 5, climatizzatori, computer portatili, due lavatrici, un aspirapolvere senza fili, un frigorifero americano doppia porta da 1.228 euro. Una marea di oggetti di elettronica, tutti pagati comprati nel 2013 in un negozio Trony e pagati dall’imprenditore di Corato, Paolo Tarantini, così come le piante (8.140 euro) comprate in un vivaio di Ruvo. Regali che, secondo l’accusa, Tarantini avrebbe fatto all’ex gip Michele Nardi e all’ex pm Antonio Savasta.  

Tarantini davanti ai magistrati racconta di come sarebbero avvenute le consegne dei soldi. “Sotto Natale del 2013 Flavio D’Introno mi dice che bisogna fare un regalo a Nardi comprando da Trony materiale per circa 25mila euro. Io ho ordinato questo elenco di cose che mi ha detto D’Introno. Della consegna però si è occupato Flavio D’Introno, che appunto mi aveva detto che dovevano essere portati alla villa di Nardi che io però non so dove sia. So che Savasta ha una villa a Polignano dove sono state mandate delle piante acquistate da un floricoltore di Ruvo di cui non ricordo il nome. Io stesso ho acquistato quelle piante per un valore di circa 8mila euro. Fu Flavio D’Introno che mi accompagno dal vivaista che io non conoscevo e alla mia presenza lo stesso Flavio indicò al vivaista il luogo di consegna delle piante ed il destinatario, indicando appunto la villa di Polignano di Antonio Savasta.”  

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