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Crac Banca Popolare di Bari: arrestati Marco e Gianluca Jacobini

Banca Popolare di Bari
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Marco e Gianluca Jacobini, il padre e il figlio (ex presidente ed ex numero 2), per oltre cinquant’anni sono stati i padroni della Banca popolare di Bari, il più grande istituto creditizio del Mezzogiorno.

I due, però, sarebbero stati anche i responsabili del crac da 2 miliardi di euro per il quale, all’alba di oggi, sono stati condotti agli arresti. Con loro finisce agli arresti domiciliari anche Elia Circelli, ex responsabile della Funzione bilancio e amministrazione della Direzione operations e Vincenzo Figarola De Bustis, già Banca 121, Mps, Deutsche Bank e, fino a oggi, Popolare di Bari. Per lui il gip ha infatti disposto la misura cautelare dell’interdizione per un anno dalle funzioni bancarie e dalla dirigenza di società. 

L’inchiesta 

Nell’inchiesta condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Bari sono indagate dieci persone. Tra questi i quattro manager per i quali il gip ha disposto le misure cautelari, l’altro figlio di Marco Jacobini, Luigi; Giorgio Papa, ex amministratore delegato; Roberto Pirola e Alberto Longo, ex presidenti del Collegio sindacale; Giuseppe Marella, ex Responsabile dell’Internal Audit della BPB.

Le contestazioni

Tutti i protagonisti della vicenda hanno avuto un medesimo destino processuale costruito intorno a un capo di accusa in cui sono contestati 13 episodi di falso in bilancio, commessi negli anni tra il 2014 e il 2018. Un’inchiesta di Repubblica ha evidenziato un episodio di falso in prospetto relativo alla vendita delle azioni; sei di ostacolo alla vigilanza, ai danni di Consob e Banca d’Italia; maltrattamenti e estorsioni nei confronti di Luca Sabetta, ex chief risk officer, il whistleblower di questa vicenda, che il crac aveva avvistato per primo.

 Le testimonianze

Sabetta, con le sue testimonianze, ha permesso agli investigatori di fare luce intorno sulla vicenda grazie a una serie di registrazioni clandestine fatte durante i suoi incontri con De Bustis nei momenti chiave per le scelte sciagurate della governance che portarono al crac. Il manager, all’epoca vice responsabile della Direzione crediti, il 17 dicembre 2019, di fronte ai pubblici ministeri, conferma infatti come gli Jacobini continuassero a controllare ogni scelta della banca nonostante avessero formalmente perso ogni carica” racconta il quotidiano. “Anche dopo, dunque, l’estate del 2019, quando l’allora governo giallo-verde si era speso perché il management facesse un passo indietro, consegnando la guida della banca a Vincenzo De Bustis. E a un nuovo presidente: il professor Gianvito Giannelli, nipote di Marco Jacobini.” 

La catena di anomalie

Ai pm Maggi spiega la catena di anomalie che aveva continuato a strangolare ogni tentativo di ripristinare pratiche bancarie corrette, come pure l’istituto aveva continuato a ripetere per rassicurare investitori, risparmiatori e la stessa Banca d’Italia. Mentre i piccoli azionisti (pensionati, agricoltori, casalinghe) tentavano invano di rientrare almeno in parte di un patrimonio che si era già drammaticamente svalutato con il crollo del prezzo delle azioni in cui era stato investito, i grandi debitori, diciamo pure gli “amici” della banca, continuavano a godere di nuove linee di credito.

Succede al gruppo Fusillo (di recente dichiarato fallito). E succede a tanti altri per i quali garantivano Marco e Gianluca Jacobini, regolarmente presenti, senza averne alcun diritto (e senza che la loro presenza venisse verbalizzata) al comitato crediti della Banca che quei prestiti erogava. Non c’era bisogno di parlare, di scrivere mail o di telefonare. “Marco governava la banca con uno sguardo” ha raccontato Maggi agli investigatori.

 

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