Ci sono molti allarmi ignorati sul Coronavirus. Tanti dettagli che sfuggono alla comprensione degli addetti ai lavori. E poi c’è un governo cinese che, sin dall’inizio, ha cercato di coprire l’epidemia da Covid che la stava per investire.
Ad oggi non sappiamo da dove sia partito il virus. Alcuni elementi, però, contribuiscono a far capire cosa è successo in questi due mesi di pandemia.
Il primo caso di Covid in Cina risale al 17 novembre 2019. È una data importante perché da quel giorno il governo impiega un mese e mezzo per segnalare ufficialmente all’Organizzazione Mondiale della Sanità la presenza nel Paese di “casi di polmonite di origine sconosciuta”.
I giochi militari
Cartina tornasole della vicenda sono i Giochi mondiali militari che si aprono proprio a Wuhan il 18 ottobre del 2019 e proseguono fino al successivo 27. Novemila atleti che provenienti da 140 Paesi. Tutto perfetto. Ma qualcuno, tra gli atleti, riferisce di essersi ammalato. “Una forma influenzale acuta da cui ho recuperato senza la necessità di alcun farmaco speciale” racconta a Repubblica Matteo Tagliariol. E anche due pentatleti francesi Elodie Clouvel, medaglia d’argento a Rio, e Valentin Belaud, cinque volte campione del mondo, confermano le parole di Tagliariol: “Eravamo a Wuhan e ci siamo ammalati tutti. Valentin ha perso tre giorni di allenamento.”
C’è, poi, un fatto accaduto proprio durante le gare. La “riservista” e ciclista 52enne Maatje Benassi, presente nella prova in linea dei Giochi cade di a 15 km dal traguardo della prova a Wuhan.
Il rapporto del Thanksgiving
La Abc conduce un’inchiesta e spiega che alcuni elementi importanti attraversano anche la Festa del ringraziamento americano. Il ramo sanitario dell’intelligence militare (National Center for Medical Intelligence, NCMI) individua un’epidemia in Cina. Alla conclusione si arriva grazie a un’analisi incrociata di immagini satellitari, intercettazioni di comunicazioni interne al governo e alle forze armate cinesi.
I primi malati
Nell’Ospedale provinciale di medicina integrata dello Hubei, intanto, l’epidemia, a metà dicembre, è sotto gli occhi di tutti. L’ospedale accoglie pazienti con crisi respiratorie, febbre e debolezza. Una situazione che preoccupa Zhang Jixian, la direttrice del reparto di Cure respiratorie dell’Ospedale. Dispone, così, che i malati ricoverati in reparto vengano isolati obbligando il personale sanitario a indossare le mascherine.
Le indagini sul mercato Huanan
Le segnalazioni di Jixian fanno scattare un’indagine epidemiologica delle autorità sanitarie di Wuhan. “All’Ospedale centrale – riporta Repubblica – anch’esso vicino al mercato di Huanan, arrivano i risultati di un campione prelevato a un paziente 65enne, cliente abituale del mercato. Le analisi sono state effettuate da un laboratorio privato di Canton. E l’esito, che per qualche strana ragione viene comunicato per telefono, segnala evidenze di un nuovo coronavirus.”
L’imposizione del silenzio
Il 30 dicembre, la commissione sanitaria di Wuhan manda due informative: una interna a tutte le strutture sanitarie della città che segnala un’epidemia in corso. Ai medici viene detto di prendere precauzioni, isolando i pazienti. Nell’altra informativa “È fatto obbligo – si legge in quel documento – di non diffondere informazioni sull’epidemia senza autorizzazione”.
Il referto
La dottoressa Ai Fen il 30 dicembre riceve un referto dal “Capital Bio Medlab”, il laboratorio di Pechino. Spedisce la fotografia, insieme alle immagini delle Tac dei pazienti, a un compagno della scuola di medicina. Il messaggio inizia a circolare tra i medici dell’Ospedale Centrale, finché non raggiunge un giovane oftalmologo 33enne, Li Wenliang. A sua volta, Li lo inoltra a un gruppo su WeChat, il social media dei cinesi, di cui fanno parte un centinaio di contatti che hanno studiato medicina con lui. “Sette casi di Sars confermati al Mercato di Huanan. Messi in quarantena nel nostro ospedale”, scrive Li Wenliang alle 17 e 43. Pochi giorni dopo, Ai Fen viene convocata dal Comitato di ispezione disciplinare dell’ospedale e rimproverata per aver diffuso notizie false. Il dottor Li, contemporaneamente, riceve la visita di agenti della polizia locale, che gli notificano una lettera di ammonizione per le sue dichiarazioni sui Social. Alcune ore dopo Li tornerà al lavoro. Si ammalerà di Covid e morirà.
L’arrivo degli ispettori
il 31 dicembre, un team di esperti viene inviato a Wuhan. Molti laboratori privati confermano la presenza di un coronavirus. Gli indizi rivelano anche un dato importante: che la trasmissione da Covid può avvenire da uomo a uomo. Il Centro per la prevenzione delle malattie di Wuhan dice che: “L’investigazione non ha trovato casi evidenti di trasmissione da uomo a uomo o infezioni allo staff medico”.
Il laboratorio “franco-cinese”
L’attenzione è concentrata anche sul laboratorio BSL-4. Il laboratorio è stato inaugurato il 23 febbraio 2017 su volontà dell’ex presidente Jacques Chirac. La collaborazione finisce proprio nel 2017 perché le autorità cinesi non avrebbero mai accolto i cinquanta ricercatori francesi. Fatto sta che la Francia è la prima nazione a sapere ciò che sta accadendo in Cina. Macron viene informato tra il 30 e il 31 dicembre.
Il governo cinese mente. E l’Oms lo appoggia
Mentre accade tutto questo il Governo cinese dice che la situazione è sotto controllo e che il virus non si trasmette da uomo a uomo. La cosa grave è che il 12 gennaio, l’Oms ribadisce la sua totale fiducia nella versione governativa cinese, “rassicurata dalla qualità delle investigazioni in corso e dalle misure di risposta implementate a Wuhan e dall’impegno a condividere informazioni con regolarità”. “Le evidenze suggeriscono che l’epidemia è associata con l’esposizione al mercato (…), mentre non c’è chiara evidenza di trasmissione umana”.
Perché sono stati fatti tutti questi errori intorno al Covid?