“Mia madre non sta bene ed è ricoverata ad Avezzano nel reparto malattie infettive”. Fabrizio scopre che all’ospedale è emergenza Covid.
Così inizia il suo racconto Fabrizio, che da Roma è arrivato in Abruzzo per dare assistenza alla mamma. “Questa mattina – prosegue Fabrizio – quando sono andato a trovarla per portarle dei medicinali, abbiamo scoperto che in quell’ospedale alcuni dottori siano entrati in contatto con dei pazienti risultati positivi“.
La situazione è che è stato chiuso l’accesso e ridotto l’orario di visita a 20 minuti.
“Ora mi trovo nella necessità di fare il tampone -spiega ancora l’uomo che deve rientrare a Roma dalla famiglia- soprattutto per assicurarmi che mio figlio, che soffre d’asma, non venga contagiato da un mio eventuale positività al Covid”.
Il punto è che l’ospedale di Avezzano non effettua il tampone se non su prenotazione. Fabrizio, però ha chiesto di poter effettuare il controllo a Chieti: “Intanto mi è stato detto che non è possibile fare tamponi fuori dalla propria regione. Dunque, devo attendere un giorno, andare a Roma, farmi fare il tampone per poi tornare in Abruzzo”.
Dunque, sistemi informativi non collegati tra di loro che non permettono l’identificazione digitale di un paziente. In barba all’isolamento precauzionale.
A febbraio scorso, sempre all’ospedale di Avezzano era scattato l’allarme contagio da Coronavirus. Il Servizio Prevenzione e Tutela della Salute della Regione aveva però smentito.
L’uomo che fece scattare l’allarme era ricoverato nel reparto di malattie infettive del nosocomio marsicano presentandosi. Aveva riferito di essere rientrato da Shangai il 29 gennaio scorso, dunque la decisione di inviare un campione biologico allo Spallanzani di Roma.