Molti dubbi rimangono sulla gestione della pandemia da Covid da parte del Governo. E, soprattutto, tante risposte dovranno essere date a quelle domande fatte dai familiari della vittime che non hanno potuto dare l’estremo saluto ai loro cari. Intanto, pian piano, vengono fuori documenti a firma, in questo caso, del Ministero della Salute che invita a non fare autopsie sui cadaveri. Perché?
Grazie a qualche medico, che a inizio pandemia ha effettuato autopsie sui cadaveri dei pazienti, si è scoperto che il primo effetto del Covid 19 è la CID, Coagulazione Intravascolare Disseminata. Si tratta della formazione di grumi nel sangue e di trombosi. Grazie a questa nuova conoscenza si è capito che i trattamenti fin li seguiti negli ospedali, basati sulla ventilazione meccanica nelle terapie intensive, erano controindicati.
Sono state adottate, dunque, cure semplici, effettuabili anche a domicilio che, se fatte subito, consentono di evitare di arrivare alla mutazione della patologia, che da influenza diventa trombosi.
Perché in Italia non sono state fatte le autopsie?
Alla base di questa volontà c’è, probabilmente, un invito del Ministero della Salute. L’oggetto della circolare mette il punto sulle azioni da seguire durante il periodo della pandemia. “Oggetto: Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia COVID-19 riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione”. Circolare che prende “in considerazione anche le disposizioni del DPCM 26 aprile 2020 che producono effetti sul settore funerario”. “Indicazioni” si legge ancora “che hanno come obiettivo la individuazione di procedure adeguate per il settore funebre, cimiteriale, della cremazione in fase emergenziale determinata dall’epidemia di COVID-19, valide per l’intero territorio nazionali”.
Al punto B si legge: “In caso di decesso al di fuori delle strutture sanitarie, il personale incaricato del trasporto funebre, laddove il defunto non sia già isolato all’interno di sacco impermeabile sigillato, disinfettato, provvede all’incassamento riducendo al minimo le occasioni di contatto, avvolgendo il defunto in un lenzuolo imbevuto di disinfettante. Sono vietati la vestizione del defunto, la sua tanatocosmesi, come qualsiasi trattamento di imbalsamazione o conservativo comunque denominato, o altri quali lavaggio, taglio di unghie, capelli, barba e di tamponamento.”
Al punto C, con oggetto “Esami autoptici e riscontri diagnostici” si affronta la questione autoptica.
“Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio. L’Autorità Giudiziaria potrà valutare, nella propria autonomia, la possibilità di limitare l’accertamento alla sola ispezione esterna del cadavere in tutti i casi in cui l’autopsia non sia strettamente necessaria.
Analogamente le Direzioni sanitarie di ciascuna regione daranno indicazioni finalizzate a limitare l’esecuzione dei riscontri diagnostici ai soli casi volti alla diagnosi di causa del decesso, limitando allo stretto necessario quelli da eseguire per motivi di studio e approfondimento. In caso di esecuzione di esame autoptico o riscontro diagnostico, oltre ad una attenta valutazione preventiva dei rischi e dei vantaggi connessi a tale procedura, devono essere adottate tutte le precauzioni seguite durante l’assistenza del malato. Le autopsie e i riscontri possono essere effettuate solo in quelle sale settorie che garantiscano condizioni di massima sicurezza e protezione infettivologica per operatori ed ambienti di lavoro: sale BSL3, ovvero con adeguato sistema di aerazione, cioè un sistema con minimo di 6 e un massimo di 12 ricambi aria per ora, pressione negativa rispetto alle aree adiacenti, e fuoriuscita di aria direttamente all’esterno della struttura stessa o attraverso filtri HEPA, se l’aria ricircola.”
Il Ministero, come è evidente, lascia al giudice il potere discrezionale dell’autopsia. Non solo. Precisa che le strutture sanitarie dovranno fornire indicazioni al fine di limitare gli esami diagnostici.
Una circolare che serve al governo per lavarsi le mani da possibili risvolti giudiziari addossando possibili “colpe” agli operatori sanitari?