Lo studio clinico per il trattamento domiciliare dei pazienti Covid-19 ideato dal professor Fredy Suter e dal professor Giuseppe Remuzzi. Il metodo è stato pubblicato sulla rivista EClinicalMedicine, magazine che fa capo alla testata inglese The Lancet.
Le evidenze dello studio clinico, “A simple, home-therapy algorithm to prevent hospitalisation for Covid-19 patients: a retrospective observational matched-cohort study”, elaborato da Suter, Norberto Perico e Remuzzi in collaborazione con un gruppo di medici di famiglia di Varese e di Teramo, mostrano l’importanza di un intervento tempestivo alla comparsa dei primi lievi sintomi della malattia, senza attendere l’esito del tampone.
L’incubazione del virus
Nei primi 2-3 giorni il Covid-19 è in fase di incubazione: la persona non presenta ancora sintomi. Nei 4-7 giorni successivi, la carica virale aumenta facendo comparire i primi sintomi (tosse, febbre, stanchezza, dolori muscolari, mal di gola, nausea, vomito, diarrea). Intervenire in questa fase, iniziando a curarsi a casa e trattando il Covid-19 come si farebbe con qualsiasi altra infezione respiratoria potrebbe aiutare ad accelerare il recupero e a ridurre l’ospedalizzazione.
Secondo lo studio, i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono probabilmente quelli più indicati nelle prime fasi della malattia. “Ci auguriamo – spiega Remuzzi – che questo approccio possa prevenire in un certo numero di casi l’evoluzione verso le forme più gravi della malattia. E con la necessità di ricorrere all’ospedale. Il nostro studio è imperfetto perché retrospettivo. Ma è interessante che, proprio in questi giorni, un articolo apparso su The Lancet di ricercatori inglesi e australiani conferma i nostri risultati con un approccio precoce basato su un preparato anti-asma da somministrare per inalazione nelle primissime fasi della malattia”.
“È molto importante – sottolinea Suter – che i suggerimenti che derivano da questi studi non siano interpretati come un ‘fai da te’. È il medico di famiglia che deve prendere queste decisioni, giudicando di volta in volta quale sia il farmaco più adatto in rapporto ai sintomi e alle condizioni cliniche del suo paziente”.
Il metodo clinico
Lo studio retrospettivo pubblicato su EClinicalMedicine evidenzia che 90 pazienti con Covid-19 lieve sono trattati a casa dai loro medici di famiglia, secondo il protocollo. I risultati ottenuti sui pazienti sono stati confrontati con i risultati di pazienti che presentavano le stesse caratteristiche, ma che avevano ricevuto altri regimi terapeutici.
Il trattamento accurato dei pazienti Covid-19 a domicilio da parte dei medici di famiglia ha avuto un effetto importante sulla necessità di ricovero in ospedale. Ciò si è tradotto in una diminuzione da 13 a 2 pazienti con esigenza di ospedalizzazione e una riduzione di oltre il 90% del numero complessivo di giorni di ricovero e dei relativi costi di trattamento.
Il tempo medio per la risoluzione dei sintomi principali è stato di 18 giorni per i pazienti trattati secondo le nuove raccomandazioni, mentre è stato di 14 giorni nel gruppo di controllo. Significa che trattare precocemente a casa non influenza in modo apprezzabile la durata della malattia, quanto invece il suo fenotipo, e cioè l’insieme di tutte le manifestazioni cliniche, con riduzione della necessità di ospedalizzazione.
Questi risultati sono stati ulteriormente confermati in un altro gruppo di controllo di 1779 pazienti Covid-19 che presentavano le stesse caratteristiche.
Lo studio del 9 aprile
I risultati dello studio clinico dell’Istituto Mario Negri vanno di pari passo con la metodologia e le conclusioni di un altro articolo apparso su The Lancet il 9 aprile scorso pubblicato da ricercatori inglesi e australiani. Ai pazienti Covid-19, secondo cui una precoce somministrazione per inalazione di budesonide, un farmaco che contiene una piccola quantità di cortisone, riduce notevolmente sia la probabilità di manifestazioni gravi della malattia sia il tempo di risoluzione dei sintomi.