Per sbarrare la strada a Cosa Nostra, ciascuno deve svolgere bene il proprio ruolo nella società.
L’ennesima dimostrazione di quanto possiamo essere artefici del cambiamento è venuta da Palermo.
La denuncia
Ben 14 fra commercianti e imprenditori edili di Borgo Vecchio, quartiere popolare ad alta densità mafiosa, hanno denunciato i tentativi di estorsione subiti. Grazie alla loro determinazione sono stati tratti in arresto 20 persone, tutte affiliate o vicine al clan mafioso della zona. Non è la prima volta che, anche a Palermo, su sollecitazione degli investigatori le vittime denunciano chi richiede il pizzo. È la prima volta, però, che un numero significativo di imprenditori si fa avanti spontaneamente per denunciare gli estortori. Un imprenditore ha mostrato al boss un foglio in cui comparivano anche le foto di Falcone e Borsellino, dicendogli in faccia: “Queste sono tutte vittime della mafia. Se lo tenga questo foglio, e si vergogni di chiedere il pizzo”.
Diciamo che Cosa nostra oggi a Palermo non vive più una vita tranquilla. La coscienza dei cittadini sta cambiando e la polizia e la magistratura li hanno ormai accerchiati. La creazione di un circuito composto di operatori economici, associazioni, forze dell’ordine e magistratura è essenziale per ottenere risultati nel settore.
Un aspetto da considerare è che le denunce non sono mai arrivate da medie e grandi aziende. Sorge il dubbio che realtà economiche anche importanti abbiano preferito trovare un terreno di accordo con i boss.
“Certo è che, come ha più volte denunciato la Direzione Antimafia di Milano, non c’è in Procura la fila degli imprenditori che vogliono presentare denunzie contro le cosche di ‘ndrangheta, pure ben presenti nella regione più ricca d’Italia” spiega Giuseppe Pignatone. “Così come non c’è in nessuna Procura del Paese la fila per presentare denunzie per fatti di corruzione. Che dire, poi, di quella rete di professionisti e faccendieri che, come emerge dalle inchieste, fanno da intermediari tra i mafiosi e le altre categorie sociali, fornendo gli strumenti e il know how necessari per schermare e riciclare sia il denaro delle cosche sia quello proveniente dalla corruzione. Un esempio? il recente sequestro di immobili lussuosi nei confronti di un’avvocatessa già condannata a sei anni di reclusione per aver riciclato in Svizzera milioni di euro di un boss della camorra, da tempo attivo in Lombardia”.