Un’operazione scattata in sinergia con la squadra mobile di Palermo e l’Fbi. Una retata scattata in contemporanea tra le strade di Passo di Rigano, di Boccadifalco, di Torretta e le ville di Brooklyn, di Staten Island, del New Jersey.
Il potere degli Inzerillo e dei Gambino è tornato ad essere forte e a fare da collante tra Italia e Stati Uniti. Su questa mafia aveva indagato il capo della Mobile Boris Giuliano negli anni ‘70 e poi il giudice Giovanni Falcone. Oggi, a metterci le mani, il pool di Palermo coordinato dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Salvatore De Luca. Diciannove gli arresti a Palermo fra gli Inzerillo e i Gambino.
A finire in manette il sindaco di Torretta ritenuto dagli inquirenti “a disposizione” del clan: il primo cittadino è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Gli Inzerillo e i Gambino sono stati intercettati giorno e notte dalla sezione Criminalità organizzata della Mobile diretta da Gianfranco Minissale.
Le intercettazioni
La famiglia degli Inzerillo si era insediata nella storica roccaforte, la parte Sud della città, la zona di Passo di Rigano. I Gambino, invece, oltre la montagna, nel vicino paese di Torretta, già negli anni Ottanta un pezzo del “mandamento” degli Inzerillo.
L’espulsione dagli Stati Uniti
Francesco e Tommaso Inzerillo, u truttaturi e u muscuni, il fratello e il cugino di Totuccio, il “re” del traffico internazionale di droga ucciso nel 1981 per volere di Riina, erano stati espulsi dagli Stati Uniti. I loro nomi erano comparsi nel processo Spatola nel 1980 a firma dall’allora giudice istruttore Giovanni Falcone. Ieri come oggi, i cugini Inzerillo curavano l’aspetto finanziario della famiglia.
La commissione provinciale
A capo della nuova commissione provinciale si era seduto Giovanni Buscemi, anche lui arrestato nella notte: negli anni Ottanta faceva il killer, poi era finito in galera, però nei mesi scorsi l’ergastolo gli era stato commutato in 25 anni, ed era stato scarcerato. Dunque, la promozione da parte della famiglia “per meriti straordinari” per non aver mai detto una sola parola a un giudice nonostante il carcere duro.