La Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) respinge il ricorso dell’Italia e, dunque, conferma la sentenza emessa qualche tempo fa riguardo un detenuto, Marcello Viola, che ricorreva contro lo Stato italiano per la condanna all’ergastolo con due anni e due mesi di isolamento diurno, senza alcun tipo di beneficio per il detenuto.
L’Italia si è opposta a tale sentenza, sostenendo la legittimità dell’ergastolo ostativo per alcuni reati molto gravi, tra cui mafia, terrorismo e pedopornografia. Oggi la Grande Chambre ha convalidato la sentenza del 13 giugno, affermando che l’ergastolo ostativo viola i diritti umani.
Gli ergastolani in Italia lo scorso 30 giugno erano 1.776 di cui, quasi i due terzi, all’ergastolo ostativo. “Lottare contro l’ergastolo, e in particolare contro l’ergastolo ostativo – commenta Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, a Repubblica, – non significa non avere a cuore la sicurezza del Paese o non credere nella lotta contro le mafie. Del resto – ha aggiunto Gonnella – nessuno potrebbe accusare Papa Francesco, che ha abolito l’ergastolo dall’ordinamento vaticano, di non aver a cuore la lotta alla mafia”.
“Il rigetto del ricorso dell’Italia da parte della Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – ha detto ancora Gonnella – fa si che la decisione presa dai giudici della stessa Corte di Strasburgo lo scorso giugno, in merito all’ergastolo ostativo, sia definitiva. D’altronde – ha aggiunto – già in altri casi e per altri paesi la Corte aveva sostenuto, legittimamente, che l’ergastolo senza prospettiva di rilascio violasse l’articolo 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani, nella parte in cui proibisce i trattamenti crudeli, inumani e degradanti”.
“Chiunque oggi paventa l’uscita di decine o centinaia di mafiosi crea un inutile allarme -spiega Gonnella- . La sentenza non produrrà infatti un risultato di questo genere, non essendosi pronunciata sul tema dell’ergastolo in generale, ma solo dell’ergastolo ostativo. Si tratta di una decisione di civiltà giuridica che ci riporta al pari di molti altri paesi europei. Viene così restituita finalmente ai giudici la possibilità di una valutazione discrezionale, cancellando quell’automatismo che trasformava questo tipo di ergastolo in una pena senza alcuna speranza di reintegrazione sociale, come invece la Costituzione impone”.
I nomi celebri del 41bis
I nomi più celebri cui si lega l’immagine dell’ergastolo ostativo sono quelli dei capimafia che non ci sono più, Totò Riina e Giuseppe Provenzano. La condanna al “fine pena mai”, però, è stata inflitta a tutti i boss mafiosi condannati per le stragi e che non hanno mai voluto collaborare con la giustizia. Così come ai terroristi di ultima generazione, che con lo Stato non sono mai voluti scendere a patti. Gli ergastolani ostativi sono un esercito di oltre mille persone. Sono 1.250 secondo l’associazione Nessuno tocchi Caino, cioè i due terzi dei 1.790 condannati a vita.
41 bis a rischio: attesa per il verdetto della decisione della Corte europea
La legge del 41 bis fu fatta con l’intento di creare una barriera invalicabile tra collaboratori e non collaboratori: i primi non possono sperare e nemmeno richiedere la liberazione condizionale e tutte le misure alternative alla detenzione. A meno che non scelgano di collaborare. E la legge fu fatta proprio per mettere i mafiosi di fronte a un bivio.
Tra gli irriducibili in regime di ergastolo ostativo ci sono Giovanni Riina, secondo figlio di Salvatore Riina, arrestato nel 1996 per aver compiuto quattro omicidi. Michele Zagaria, capo clan dei Casalesi, trovato nel 2011 in un bunker di cemento armato. Giovanni Strangio, affiliato alla ndrangheta arrestato nel 2009 dopo essere finito nella lista dei 30 latitanti più pericolosi. Leoluca Bagarella, dei Corleonesi, fedelissimo di Totò Riina, arrestato nel 1995. Poi ci sono anche i brigatisti, come Nadia Desdemona Lioce, che partecipò agli omicidi di D’Antona e Biagi.
E se sono mafiosi, in genere l’ergastolo ostativo si accompagna al regime carcerario del 41 bis. Cioè a limitazioni per i colloqui con i familiari, per l’ora d’aria e per la socialità. Non solo: sono previsti anche controlli più stringenti sulla corrispondenza e in alcuni casi anche l’impossibilità di avere un contatto fisico con gli affetti più cari con i quali si può parlare e vedersi solo attraverso un vetro.