La vicenda di Cesare Paladino turba i sonni del premier Conte. E ora a chiedere conto della norma inserita nel decreto Rilancio è anche Italia viva.
Cesare Paladino è accusato di non aver versato la tassa di soggiorno al comune di Roma nell’arco di tempo compreso fra il 2014 ed il 2018. Dunque, fu iscritto nel registro degli indagati, ma la condanna ad un anno e due mesi di reclusione fu successivamente revocata proprio grazie alla norma.
Conte e la leggina che salva il suocero Cesare Paladino
Sulla vicenda chiede conto un pezzo della maggioranza, Italia Viva, che attualmente si trova ancora nella maggioranza. Oltre alla concreta minaccia di far cadere il governo, mette sul piatto anche un’interrogazione parlamentare per far luce sulla vicenda.
Il deputato renziano Michele Anzaldi ha già preparato il documento da presentare alla Camera. Come evolverà il rapporto fra Giuseppe Conte e Matteo Renzi?
Anzaldi vuole capire “quale sia stato l’ufficio legislativo che ha proposto di inserire la norma per depenalizzare l’omesso pagamento della tassa di soggiorno”. Si tratta di un provvedimento voluto da un ministero, oppure c’è anche la mano di palazzo Chigi tramite il Dipartimento degli affari giuridici e legislativi? Michele Anzaldi desidera leggere i verbali, soprattutto perché a dirigere il sopra citato dipartimento si trova Ermanno de Francisco, magistrato nominato proprio da Conte.
L’articolo 180 del decreto Rilancio che depenalizza i reati. Anche per il suocero del premier Conte
“Grazie a questa depenalizzazione il padre della compagna del premier si è visto cancellare, con valore retroattivo, una condanna passata ingiudicato con il patteggiamento”, spiega Anzaldi. “Titolare del Grand Hotel Plaza di Roma, a luglio 2019 (Cesare Paladino) era stato condannato alla pena di 1 anno, 2 mesi e 17 giorni di reclusione per l’omesso versamento al Comune della tassa di soggiorno negli anni 2014-2018, per un totale di 2.047.677 euro”.
Intanto colui che la norma l’ha firmata dice la sua
“Nessuna norma salva suoceri o fantomatiche manine di palazzo Chigi: la norma nasce negli uffici del Mibact perché è una norma giusta e il presidente del Consiglio non ne era a conoscenza prima che la portassi in Consiglio dei ministri, così come io non sapevo della vicenda del Plaza”. A parlare così è Dario Franceschini che si assume la piena responsabilità politica della vicenda. Una norma inserita nel decreto Rilancio che ha cambiato le regole sul versamento della tassa di soggiorno per gli albergatori depenalizzando di fatto il reato di peculato. Norma di cui si è avvalso anche Cesare Paladino.
La norma era condivisa a livello parlamentare, spiega Franceschini, perché era richiesta dal mondo economico. Come del resto aveva già fatto a maggio quando sono cominciate a circolare le prime indiscrezioni e i primi dubbi su una possibile norma ad familiam. Nel frattempo il patron del Plaza, che peraltro aveva già patteggiato la pena di oltre un anno e restituito i due milioni di euro non versati, a luglio ha presentato un ricorso che mirava a cancellare la condanna. Ricorso che è stato appena accolto dal capo dei gip di Roma Bruno Azzolini, contro il quale la procura ha già annunciato che farà ricorso. Il motivo è perché non ritiene che giuridicamente si possa applicare a un reato una legge approvata dopo la commissione del reato stesso, anche se più favorevole.
E, infatti, perché, la norma è retroattiva se si voleva aiutare le imprese in pieno Covid?
Quella norma “l’ho voluta io” dice Franceschini a Repubblica. E aggiunge di averlo fatto “dopo un’audizione in Parlamento” a seguito della quale “ho chiesto io ai miei uffici di scriverla“. A insistere per la norma sono stati “molti gruppi parlamentari di opposizione e di maggioranza, le Regioni, le associazioni di categoria”. E a quel punto, dice Franceschini, “io l’ho fatta preparare e l’ho presentata perché giusta”.
Il premier Conte – stando alle parole di Franceschini – non ne avrebbe saputo nulla. Una norma, per Franceschini, che “risponde a specifiche richieste delle associazioni di categoria e delle Regioni, presentate a più riprese al Governo e al Parlamento – non solo in questa legislatura – di estendere al settore alberghiero la disposizione già in vigore per le locazioni turistiche dal 2017, che non considera agente contabile il gestore della struttura ricettiva”.
Ma perché c’è stata un’interpretazione retroattiva “decisa da un giudice di Roma proprio per il titolare del Grand Hotel Plaza di Roma, a differenza di quanto è stato deciso invece in altri tribunali e addirittura di quanto decretato dalla Cassazione, secondo cui la norma non può esserlo”?