Dopo il diniego alla desecretazione degli atti che hanno portato all’applicazione dei Dpcm del presidente del Consiglio, Conte blinda anche i vertici dei servizi segreti per altri quattro anni. Per decreto, senza essere costretto a concordarlo con nessuno. Perché?
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Giuseppe Conte ha deciso di bypassare le estenuanti trattative con i partiti della maggioranza. E con un decreto a sorpresa viene consentito al presidente del Consiglio di prorogare “con successivi provvedimenti per la durata massima di ulteriori quattro anni” i vertici degli 007 tricolori. In deroga alla legge di riforma del 2007 che così stabilisce: “La direzione generale del Dis è affidata a un dirigente di prima fascia o equiparato dell’amministrazione dello Stato, la cui nomina e revoca spettano in via esclusiva al presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Cisr. L’incarico ha comunque la durata massima di quattro anni ed è rinnovabile per una sola volta”.
Ciò significa che l’incarico al vertice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che ha il compito di coordinare le attività operative di Aise e Aisi, può durare in tutto quattro anni. E l’unico rinnovo può avvenire senza superare questo limite di tempo. Stessa regola valida per i direttori delle due Agenzie per la sicurezza interna ed esterna.
Il decreto del 30 luglio
Il decreto, pubblicato il 30 luglio, e contenente “misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica di Covid-19 deliberata il 31 gennaio 2020”, di fatto cambia le regole del gioco. Consente al presidente del Consiglio di prorogare per altri 4 anni sia l’incarico di Gennaro Vecchione, nominato a dicembre 2018 e in scadenza a fine anno, sia quello di Mario Parente, che sarebbe dovuto terminare il 16 giugno ma è stato prorogato per un altro anno a causa dell’epidemia. Conte lo fa con un proprio provvedimento e senza passare per il Cisr, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, di cui fanno parte – oltre al presidente del consiglio – sei ministri: Esteri, Difesa, Giustizia, Interno, Economia e Sviluppo economico.
Una vicenda strana che ha messo in allerta il Copasir, il Comitato di controllo sui servizi.
Intanto, qualcosa si muove e alla direzione dell’Aise ci finisce, con voto unanime, il generale Gianni Caravelli. Sulla nomina Conte aveva provato a imporre un suo candidato, ovvero l’ammiraglio Carlo Massagli, consigliere militare del presidente del Consiglio. Massagli era stato sostenuto dal premier Conte come capo di Stato maggiore della Marina, ma alla fine il governo gli aveva preferito l’ammiraglio Cavo Dragone. Conte avrebbe pensato di impegnarlo adesso con l’incarico all’Aise, ma l’ammiraglio non aveva esperienza nel settore dell’intelligence, e in questa fase si è preferito affidarsi alla continuità e al curriculum. Caravelli ha svolto una lunga carriera nell’Esercito, dove ha raggiunto il grado (massimo) di generale di corpo d’armata. Abruzzese, 59 anni, nato a Frisa, in provincia di Chieti, era già vicedirettore anziano dell’Aise dal 2014, dove ha lavorato con altri due direttori, Alberto Manenti e adesso Luciano Carta.
La proroga dell’emergenza
Nelle scorse ore il Consiglio dei ministri, come abbiamo riferito, ha dato il via libera alla proroga dello stato di emergenza per il Coronavirus fino a giovedì 15 ottobre 2020. Una scelta non priva di polemiche. Secondo l’opposizione Conte avrebbe messo in atto una strategia con un fine ben preciso: consolidare il potere dell’esecutivo, in difficoltà su vari fronti, così che possa muoversi al di fuori delle norme. “Quella di cui vi state occupando non è la salute degli italiani ma del vostro governo. Lo stato di emergenza vi serve per consolidare il potere, per agire senza regole e controlli”, è stato l’attacco di Giorgia Meloni.
Il segreto di Stato
A inquietare, però, è la volontà del premier di mantenere segreti i verbali sulle attività del Comitato tecnico-scientifico prodotti in questi mesi di emergenza Covid-19. L’ipotesi di una segretezza imposta da “ragione di ordine pubblico” fa immaginare a qualcosa di poco pulito nella coscienza di chi ha preso decisioni importanti durante la pandemia.
“Parliamo di assassinii di Stato anche dolosi, con dolo eventuale, e lo dimostreremo”, spiega il medico legale e ricercatore Pasquale Mario Bacco. La battaglia ruota soprattutto intorno alle autopsie sui pazienti deceduti, affetti da Covid-19. C’è, poi, quella circolare del Ministero della Salute, pubblicata a maggio, che sconsigliava di fare esami post mortem ai deceduti per Coronavirus: “Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di Covid-19”.
I fascicoli segreti
Il presidente del Consiglio avrebbe in mente di tenere occultati i documenti del Cts alla base dei Dpcm emanati durante il lockdown di marzo e aprile. Repubblica spiega che il governo ha fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar di rendere pubblici i verbali secretati del Comitato tecnico-scientifico della Protezione civile. Già ad aprile Rocco Mauro Todero, Andrea Pruiti Ciarello e Enzo Palumbo – tre avvocati della fondazione Luigi Einaudi di Roma – avevano fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio contro il rifiuto di far conoscere i documenti del Cts. Il presupposto al ricorso è che sarebbe del tutto lecito conoscere le valutazioni alla base delle misure di restrizione visto che i Dpcm hanno inevitabilmente limitato diritti e libertà di rango costituzionale alla cittadinanza italiana.
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La richiesta di pubblicizzazione degli atti serviva a rendere chiari ed evidenti i fondamenti delle azioni intraprese da Conte: i ricorrenti hanno concesso al governo la possibilità di rendere “trasparente l’azione esecutiva e valutabile a posteriori l’operato in quella delicata fase emergenziale”. L’appello avverso la sentenza del Tar Lazio dimostrerebbe quella che sarebbe la volontà dell’avvocato: “Non fare sapere agli italiani quali sono le reali motivazioni alla base degli innumerevoli decreti del presidente del Consiglio”. Effettivamente i criteri contenuti nei verbali, nonostante siano citati in tutti i Dpcm a giustificazione di quegli atti, non sarebbero mai stati pubblicati da Palazzo Chigi.
I Dpcm
“I Dpcm non sono atti sottoposti ad un dogma di fede. Gli italiani hanno diritto di conoscere per potere giudicare chi sta al governo. Se non ci si vuole fare giudicare politicamente non si ha rispetto del popolo”, ha commentato l’avvocato Andrea Pruiti Ciarello a il Giornale. Il consigliere di amministrazione della fondazione Einaudi di Roma sostiene come sia “grave aver fatto l’appello perché dimostra che il governo non è disponibile ad essere trasparente su atti così importanti”, che nelle scorse settimane hanno compresso i diritti e le libertà costituzionali per i cittadini come mai nella storia della Repubblica italiana.
Dello stesso avviso il presidente della fondazione Giuseppe Benedetto, che ha fatto un appello affinché la presidenza del Consiglio “ripensi la sua posizione” mediante un gesto “di apprezzabile e intelligente apertura agli italiani”. Gli avvocati Todero, Pruiti Ciarello e Palumbo, intanto, hanno garantito che renderanno pubblici i documenti appena il governo li consegnerà: “Solo chi ha paura del giudizio dei cittadini si può opporre a che questi siamo informati e consapevoli”.
La battaglia di Carlo Taormina
E anche l’avvocato Carlo Taormina continua la sua battaglia giudiziaria: “A proposito della denunzia da me fatta contro il governo per epidemia colposa e omicidio colposo plurimo e del processo che si sta svolgendo al tribunale dei ministri di Roma del quale naturalmente la informazione pagata dal governo non parla – spiega Taormina- faccio notare che tanto il governo si ritiene a rischio che qualche giorno fa era stato obbligato dal tar Lazio a consegnare i documenti in base ai quali decise di omettere le cautele per quaranta giorni provocando contagi a cataste e almeno 30000 morti che si potevano evitare. Ebbene il governo si è rifiutato di fare i documenti e ha fatto ricorso al consiglio di stato dove Conte ha molti amici.
Il governo nasconde o documenti dai quali risulta che l’Istituto Superiore della Sanità aveva ritenuto che il lockdown si dovesse fare il 31 gennaio e il Governo se n frego’. I documenti dimostrano inoltre che il governo non impose le zone rosse mostrante fosse obbligato a farlo secondo il parere dello stessi ISS. Adesso spetta alla magistratura di Roma andare a Palazzo Chigi e sequestrare tutto perché nemmeno i delinquenti si comportano così.”