La storia è una di quelle tipiche italiane. Una di quelle, per intenderci, in cui spesso ci sono di mezzo politici e personaggi poco trasparenti.
Questa volta, però, c’è di mezzo l’organo istituzionale che dovrebbe garantire il rispetto della legge.
La vicenda è finita, 25 anni dopo, in un libro scritto dal professore Cosimo Lorè e pubblicato da Giuffrè.
Pierpaolo Berardi, allora giovane legale, è uno dei candidati di un concorso in magistratura: era il 23 maggio del 1992. A quel concorso avrebbe dovuto partecipare anche Francesca Morvillo, moglie di Giovanni Falcone rimasta uccisa poco dopo.
Berardi alla lettura del titolo del tema di penale non crede ai suoi occhi: quel caso da sviluppare sulla responsabilità penale nel trattamento medico lo ha appena affrontato in tribunale. Tutto fila liscio. Quando un anno dopo escono i risultati degli scritti, però, Berardi legge di essere stato bocciato.
Lui non ci sta e intraprende una battaglia. Tar e Consiglio di Stato che gli danno ragione, ma il ministero e il Csm che oppongono resistenza.
Come racconta La Stampa, l’avvocato chiede di potere vedere i suoi scritti e il verbale ma il verbale non c’era. Berardi dopo aver vinto un ricorso al Tar scopre che:
“I mie temi e quelli di altri non vennero assolutamente corretti. Ho calcolato i tempi: tre prove giuridiche complesse per ogni candidato e grafie diverse possono essere corrette ed esaminate riportando voti e verbale per ciascuno in 3 minuti? Evidentemente no”.
L’avvocato non si ferma e va avanti nella sua battaglia. Visiona anche le prove degli altri candidati promossi e scopre altre questioni: i temi sono riconoscibili perché scritti su una sola facciata, altri in stampatello; alcuni pieni di errori giuridici, altri idonei ma senza voto. Un candidato svolge il tema con una traccia diversa da quella indicata; uno scrive con una calligrafia doppia; un altro copia pagine e pagine di manuali di Diritto.
A quel punto partono i ricorsi. A Perugia Berardi viene sentito da un pm con presente come uditrice una magistrata che aveva vinto quel concorso. Quando Tar e Csm ordinano di ricorreggere i suoi temi anziché nominare una nuova commissione è la stessa che lo aveva bocciato a farlo.
“Nel 2008 il Csm dopo aver sempre affermato che era tutto regolare riconosce all’unanimità che gli elaborati dell’avvocato Berardi non furono mai esaminati dalla Commissione. Conseguenze? Nessuna.”
La storia dell’avvocato Di Nardo
Un’altra denuncia sui presunti concorso truccati in magistratura è quella fatta dall’avvocato isernino, Giovanni Di Nardo.
Nel 2014 l’avvocato partecipò al concorso in magistratura ma, dopo l’esame, arrivò la lettera dal ministero della giustizia che lo informò sulla non ammissione. A quel punto Di Nardo fa ricorso al Tar chiedendo in visione i compiti contenuti nella busta del primo candidato, dopo di lui, che aveva superato gli scritti. La copia risulta essere piena di errori ortografici e di sintassi.
A quel punti Di Nardo presenta una denuncia alla Procura di Roma e al Csm. La denuncia viene archiviata. Di Nardo presenta un esposto alla Procura Generale e, a quel punto, viene ripresa in carico dalla Procura di Roma che ne chiede l’archiviazione. Di Nardo si oppone ed è in attesa della Camera di Consiglio che deciderà se mandare avanti l’inchiesta.