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Comunità montane: arrivano i commissari dei commissari. Ma quando le chiudiamo?

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L’Italia è, ormai, un Paese commissariato. A traghettare i nostri sogni verso il futuro non ci sono più grandi statisti democraticamente eletti ma, nella migliore delle ipotesi, commissari e giudici. 

La colpa? Tanto per cambiare della politica. Se oggi ci ritroviamo gli uomini di legge a dettare l’agenda politica del piccolo Comune piuttosto che delle società partecipate, le responsabilità non sono di certo attribuibili a chi, con un voto, ha creduto di poter conquistare un mondo migliore.  

Viviamo nel delirio dei numeri e degli articoli del codice civile e penale. Ci stanno convincendo che il nostro corpo non ha più bisogno di acqua e di aria ma di un buon avvocato. A prescindere. Siamo bestie a cui la civiltà ha portato un dono una ‘ricca’ risorsa: l’individualismo. 

E in questo bel quadretto ognuno pensa ai propri interessi che, se non vengono esauditi, combinano guai indescrivibili per la collettività. Il delirio personale di onnipotenza, ad esempio, ha messo oltre 100 Comuni italiani in amministrazione straordinaria, per varie cause: dimissioni della maggioranza dei consiglieri, non approvazione del bilancio, infiltrazione mafiosa. In uno dei più grandi progetti italiani, l’Expo 2015, è stato persino istituita l’Autorità anti-corruzione e nominato presidente un magistrato.

In Abruzzo, dopo che una legge regionale del 2013 aveva sciolto le undici Comunità montane e nominato altrettanti commissari liquidatori con il compito di predisporre il programma di liquidazione, a distanza di quasi due anni non si è concluso nulla. Gli enti territoriali erano stati istituiti nel 1971 con lo scopo di valorizzare le zone montane.

La legge chiariva che:”La comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti” e che:”La Regione individua gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l’esercizio associato delle funzioni comunali“.

Tra l’altro, le Comunità montane assolvevano a compiti di “sviluppo socioeconomico, ivi compresi quelli previsti dalla Unione europea, dallo Stato e dalla Regione” che potevano “concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano” tra questi l’assistenza a domicilio degli anziani, l’assistenza scolastica ai portatori di handicap e il segretariato sociale. 

La passata amministrazione regionale abruzzese ha imposto lo scioglimento dell’ente con tutte le cause che ne sono derivate.

A chi il compito di stilare un serio programma al fine di continuare a dare dignità a territori con poco peso rappresentativo? Per la politica non c’è dubbio: le sorti di quei cittadini vanno affidate ai commissari. Incarichi distribuiti per appartenenza politica e che ad ogni cambio di maggioranza vengono sostituiti.

Dunque, le poltrone non rimangono mai scoperte e la politica è in grado di riempirle magicamente. Si tratta di capire quale Commissario Liquidatore avrà il coraggio di dire che tali incarichi servono solo per allungare il più possibile la morte di alcuni enti e non per dare risposte al territorio.

ZdO

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