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Chi finanzia i partiti?

Chi finanzia i partiti?
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Il finanziamento ai partiti in Italia è passato dal pubblico al privato. Oggi si regge su donazioni e il 2 per mille. La Lega incassa di più, M5S è il più solido, FI il più indebitato. Controlli ancora opachi.

Come funzionava prima

Negli anni ‘70 l’Italia si trova immersa nell’ennesimo scandalo politico: segretari amministrativi della DC, PSI, PSDI e PRI finiscono sotto inchiesta per aver incassato fondi da ENEL e dalle compagnie petrolifere in cambio di un orientamento favorevole delle politiche energetiche. Per arginare il problema e sottrarre i partiti alle influenze economiche dei grandi gruppi, il Parlamento introduce il finanziamento pubblico con una legge promossa dal democristiano Flaminio Piccoli.

La norma proibisce alle aziende pubbliche o controllate dallo Stato di finanziare i partiti, impone alle grandi imprese private di registrare a bilancio ogni contributo erogato e istituisce due tipi di finanziamento pubblico: il rimborso delle spese elettorali e un trasferimento diretto dal bilancio dello Stato per le attività ordinarie delle formazioni politiche.

Tangentopoli, esplosa nel 1993, dimostra però che il finanziamento pubblico non ha fermato la corruzione. Il referendum dei Radicali per abolire il trasferimento diretto ai partiti raccoglie una larga maggioranza di consensi e viene approvato. Rimane attivo solo il meccanismo dei rimborsi elettorali, che però il Parlamento aumenta progressivamente fino a raggiungere i 182 milioni di euro nel 2012. Denaro elargito anche in assenza di spese reali sostenute. Con la crisi economica e l’austerità imposta nel 2012, il governo Monti taglia il tetto a 91 milioni. L’anno dopo, il governo Letta avvia l’abolizione progressiva dei rimborsi e introduce il sistema attuale (Legge 149/2013).

Come funziona oggi

Oggi lo Stato – come spiega Gabanelli in Dataroom – finanzia le attività dei gruppi parlamentari, mentre i partiti sopravvivono grazie ai contributi privati. I gruppi parlamentari ricevono, in base alla loro dimensione, fondi per un totale di 30,87 milioni alla Camera e 22,12 milioni al Senato, vincolati al pagamento del personale e all’organizzazione di eventi. I partiti, invece, possono contare su due fonti di finanziamento privato: il 2 per mille dell’IRPEF, che ha un tetto massimo oltre il quale le risorse vengono incamerate dallo Stato, e le donazioni dirette, soggette a un limite di 100 mila euro annui per ogni singolo finanziatore con detrazioni fiscali del 26% fino a 30 mila euro. Tuttavia, per accedere a questi fondi, un partito deve essere registrato ufficialmente ed aver partecipato con propri candidati alle elezioni regionali, nazionali o europee, oppure essere stato indicato come riferimento da un gruppo parlamentare.

Chi finanzia chi?

Dal 2020 al 2023, il partito che ha attirato più donazioni è la Lega (25,2 milioni di euro), grazie anche al sostegno di università telematiche (290 mila euro) e aziende private come Coseco, attiva nel settore dei rifiuti. Il Movimento 5 Stelle ha raccolto 22,7 milioni, alimentati soprattutto dalle trattenute sugli stipendi dei parlamentari nei primi anni di mandato.

Il Partito Democratico ha incassato 10,3 milioni, con il principale contributo singolo arrivato da Francesco Merloni (100 mila euro). Fratelli d’Italia ha ottenuto 9,7 milioni, supportati da soggetti come la Confederazione Generale dell’Agricoltura (68 mila euro), il gruppo sanitario Villa Maria Spa (50 mila euro) e la società di costruzioni Milano Investimenti Spa (50 mila euro). Forza Italia ha ricevuto 8,9 milioni, con un forte sostegno dai figli di Berlusconi, dal fratello Paolo e da Fininvest (200 mila euro ciascuno). Azione ha incassato 3,6 milioni grazie agli aiuti di imprenditori come Patrizio Bertelli (Prada) e Alberto Bombassei (Brembo). Italia Viva si attesta a 3,7 milioni, con Manfredi Lefebvre d’Ovidio come principale finanziatore (100 mila euro).

Esistono poi finanziatori trasversali, come Davide Serra, che ha versato 228 mila euro a Italia Viva e 49 mila ad Azione, o Stefano Bandecchi, che tramite l’Università Niccolò Cusano ha finanziato Forza Italia, Impegno Civico e Alternativa Popolare per un totale di 385 mila euro.

L’autofinanziamento: la voce più pesante

Il contributo più significativo arriva dagli stessi candidati ed eletti. Transparency International stima che nel 2022 il 61,38% delle entrate private derivi da donazioni “volontarie” imposte dai partiti ai propri rappresentanti. Per esempio, il PD chiede ai suoi parlamentari 50 mila euro per un seggio sicuro e 3 mila euro al mese di contributi. La Lega richiede 20 mila euro per la candidatura e 3 mila euro mensili, mentre Fratelli d’Italia e Forza Italia impongono 30 mila euro di contributo iniziale e 1.000 euro mensili. Il Movimento 5 Stelle non impone tasse d’ingresso ma richiede versamenti di 2.500 euro al mese.

Il 2 per mille e lo scontro con il Quirinale

Dal 2018 al 2024, il partito che ha incassato di più tramite il 2 per mille è stato il PD con 52,5 milioni, seguito da Fratelli d’Italia (20,4 milioni), Lega (16,9 milioni) e Forza Italia (4,7 milioni). Il tetto inizialmente fissato a 25 milioni è stato alzato a 29,7 milioni dopo un acceso dibattito parlamentare e un intervento del Quirinale, che ha bocciato la proposta del governo di eliminare il limite e introdurre un prelievo automatico dallo 0,2 per mille dell’IRPEF.

Quanto hanno in cassa i partiti?

A fine 2023, il partito più solido finanziariamente è il Movimento 5 Stelle con un avanzo di 1,49 milioni e una liquidità di 9,1 milioni. Fratelli d’Italia segue con un avanzo di 4,9 milioni e 8,3 milioni di disponibilità. Il PD chiude con un avanzo di 704 mila euro e 5,9 milioni in cassa, ma con oltre 10 milioni di passività. La Lega divide i bilanci tra due entità: la Lega per Salvini Premier (1,06 milioni di liquidità) e la Lega Nord (486 mila euro), con la proprietà della società immobiliare Pontida Fin S.r.l. Forza Italia è il partito più indebitato: 97 milioni di euro, di cui 90 milioni verso la famiglia Berlusconi.

Chi controlla i finanziamenti?

Le donazioni e le spese devono essere pubblicate online e certificate da un ente terzo, mentre la Commissione di Garanzia, composta da magistrati della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato, vigila sui bilanci. Tuttavia, il sistema di controllo presenta enormi falle: le sanzioni per chi non pubblica i bilanci o i donatori oltre i 500 euro sono deboli e, spesso, le decisioni restano riservate. Di fatto, la trasparenza sui finanziamenti ai partiti rimane ancora oggi un miraggio.

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