Si riparte ancora una volta dalla Magliana. Si riprende il viaggio da quel pezzo di Roma dove tutto ha avuto origine, dove l’ombra dell’Urbe ha dato vita alla più temibile banda criminale della Capitale, la Banda della Magliana.
Marcello Colafigli, oggi settantenne, ha ricostituito un impero dello spaccio proprio nel quartiere che aveva battezzato la Banda. Un gruppo di cui era stato cofondatore insieme a Franco Giuseppucci, il vero capo, Maurizio Abbatino e Renatino De Pedis.
E se è vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio, l’ultimo colpo di Marcellone, ormai anziano delinquente, è in linea con il ruolo che ricopriva da giovane in quell’organizzazione che, per quasi vent’anni, dalla fine degli anni Settanta ai primi anni Novanta, ha dominato Roma, controllando lo spaccio di droga come mai prima di allora. Oggi Colafigli è tornato al vecchio business dei ragazzi della Magliana: la cocaina.
Ma chi è Marcellone?
Diplomato geometra, nato a Poggio Mirteto, un paesino in provincia di Rieti a un’ora e mezza dalla Capitale. Roma, la città di cui diventerà uno dei re del crimine a partire dalla fine degli anni Settanta. Decisiva per Colafigli fu l’amicizia con Franco Giuseppucci, l’anima della Banda.
Ma perché Marcellone? Antonio Mancini, un altro membro del gruppo, lo spiegava così in un’intervista: “Fisicamente era una sorta di orso. Un uomo di forza sovrumana. In tribunale, da solo, aveva scosso la gabbia in cui eravamo rinchiusi, e con un pugno aveva incrinato il vetro blindato. Ma se lo rimproveravi per qualcosa, diventava rosso in viso come un bambino e la peggiore parolaccia che conosceva era ‘perbacco'”.
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Insieme a Er Negro (Giuseppucci) debutta nel mondo del crimine con una serie di rapine. Ma questo è solo un assaggio. Il grande salto arriva con il rapimento del Duca Grazioli nel 1977. È la nascita della Banda della Magliana, che trae le sue risorse economiche dai soldi pagati dalla famiglia del nobile per liberarlo.
Dopo quel rapimento, Giuseppucci e soci tentano la scalata al crimine romano. Un’ascesa segnata da numerosi omicidi, un fiume di sangue in cui Colafigli ha avuto un ruolo di primo piano, essendo stato condannato per tre omicidi. Il 25 luglio 1978, insieme ad altri scagnozzi della Banda, uccide Franco Nicolini, noto come Franchino Er Criminale.
In questo modo, Giuseppucci elimina il re delle scommesse clandestine dell’ippodromo di Tor di Valle, e la Banda ne assume il controllo. Così, quelli della Magliana diventano sempre più potenti e ricchi. I due pilastri della malavita romana, droga e scommesse, riempiono le casse del gruppo. Le rapine sono ormai solo un lontano ricordo.
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Marcellone non usa più solo la pistola per intimidire o estorcere denaro. Ora lo fa anche per uccidere. Dopo Franchino Er Criminale, cade sotto i colpi della Banda Sergio Carozzi, un commerciante di Ostia che aveva osato denunciare un’estorsione di Nicolino Selis, Er Sardo, altro membro di spicco della Magliana. Anche Colafigli faceva parte del gruppo che eliminò Carozzi.
All’interno della Banda, Colafigli rappresentava l’anima della Magliana, che nel tempo entrò in conflitto con quella di Testaccio, rappresentata da De Pedis. Proprio alla Magliana e a San Paolo, insieme ad Abbatino, Marcellone controllava direttamente lo spaccio di droga negli anni Ottanta.
L’inizio della fine per la Banda arriva con l’uccisione di Giuseppucci, il 13 settembre 1980. Dopo la morte del Negro, la Banda raggiunge il suo apice e inizia il declino. Marcellone è tra coloro che, nel marzo 1981, vendicano il capo nel quartiere di Monteverde.
Una volta eliminato il gruppo rivale, decapitato il clan Proietti, che contendeva il controllo di Roma alla Banda della Magliana, quest’ultima inizia a scricchiolare. L’accumulo di denaro e potere ha raggiunto il suo massimo, e le due anime, quella di Testaccio e quella della Magliana, cominciano a divergere. È in questo momento che De Pedis emerge come leader.
La Banda cambia pelle e tenta di trasformarsi in una sorta di gruppo imprenditoriale mafioso, un progetto non condiviso da tutti. La trasformazione fallisce. La Banda viene fiaccata dagli arresti, De Pedis viene ucciso il 2 febbraio 1990 a Campo de’ Fiori, Abbatino viene arrestato a Caracas dopo una disperata fuga. Estradato in Italia, si pentirà. La Banda implode. Restano solo alcune meteore del crimine, che in quella feroce organizzazione avevano avuto ruoli di primo piano e che, nel corso degli anni, verranno nuovamente arrestati per scommesse e droga. Ne è un esempio Salvatore Nicitra, il re delle slot a Tomba di Nerone, oppure Roberto Fittirillo, arrestato pochi anni fa per la gestione della piazza di spaccio del Tufello. Ma sono solo alcuni esempi. Ora è toccato a Marcellone, forse il più iconico, dopo Giuseppucci, De Pedis e Abbatino, componente della Banda della Magliana.