Giuseppe Montella, Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga, Daniele Spagnolo, Marco Orlando, Stefano Bezzeccheri non sono carabinieri. Ma il dubbio che mi assale -e che m’inquieta non poco- è il ruolo di chi doveva controllare e non l’ha fatto. La famosa catena di comando che, manco a dirlo, in Italia non funziona mai. Chi copriva il “clan dei carabinieri”?
I festini a base di coca con prostitute e trans nella casa con piscina dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Montella
E allora, chiedo a me stesso, cosa le paghiamo a fare queste figure che alla fine non combinano nulla? Abbiamo la solita “catena di comando” che non ha funzionato e non è stata in grado di prevenire l’orrore della caserma Levante di Piacenza. Forse a qualcuno non è chiaro ma qui stiamo parlando di carabinieri che hanno giurato fedeltà alla Repubblica e un attimo dopo hanno sputato sulla bandiera italiana. Dunque, non credo che quest’associazione a delinquere abbia potuto agire senza la copertura dei vertici dell’Arma. Se lo credessi sarei un perfetto idiota. Questa è una storia fatta di complicità unita a brama di potere. Gli italiani -con estremo ritardo- stanno scoprendo che la corruzione è ovunque, nella politica così come negli ambienti che dovrebbero garantire la legalità. Il sistema istituzionale -lo scandalo del Csm ne è una prova- è marcio e andrebbe raso al suolo e ricostruito. Potere politico e giudiziario navigano nella stessa melma dell’illegalità. Ed è per questo che il comandante generale dei Carabinieri, Giovanni Nistri, che parla di “massimo rigore e massima severità per individuare le responsabilità dei singoli” farebbe bene a stare zitto. E magari a dimettersi.
Al “clan” della caserma il comando di Bologna regalava encomi su proposta della provinciale di Piacenza
I carabinieri della “Levante” di Piacenza ricevono l’encomio solenne – il video
Non può permettersi il generale di uscirsene con frasi di circostanza. Dovrebbe, invece, spiegare come sia stato possibile che in una caserma accadesse tutto ciò. Non solo. Sarebbe interessante appurare anche quali siano state le circostanze in cui sia stata presa la decisione di encomiare questi “abusivi” dell’Arma dei carabinieri.
Con buona pace della madre di Montella che dice che “Giuseppe è un bravo ragazzo, tirano fuori Gomorra perché siamo napoletani”, le carte dell’inchiesta raccontano altro. Raccontano che proprio il figlio si riflette in quello specchio di criminalità proprio di Gomorra.
Sequestrata caserma carabinieri di Piacenza per spaccio, estorsione e tortura
Come riuscivano a nascondere tutto ciò questi carabinieri? Sicuramente con delle coperture. Nei giorni di Pasqua, la provincia di Piacenza è zona rossa per il Covid. Una città blindata, ma non per tutti. L’appuntato Montella ha una villa con piscina (“pagata 14 mila euro”) ed è solito organizzare festini a base di champagne da centinaia di euro. In pieno lockdown se ne svolge una, ma una vicina chiama i carabinieri. Questi però non solo si scusano con il “collega”, ma anzi fanno sentire la registrazione della telefonata al militare perché possa individuare chi ha fatto la segnalazione. “La pattuglia te l’ho mandata io perché non sapevo che era casa tua” spiega il carabiniere delle centrale operativa. “Allora –aggiunge– , ha chiamato una signora, che presumo che sia una vicina di casa, che è anonimo. Quando io le ho chiesto il nome, ho detto: ‘Ma lei come si chiama?’, fa: ‘Eh, no, non glielo posso dire perché abita un tuo collega lì’”. E ancora: “Guarda, se possiamo fare a meno, io non ho scritto niente, non ho detto un ca..o a nessuno”. Montella ringrazia ma precisa: “Voglio sentire la voce, voglio capire un attimo se è la mia vicina, giusto lo sfizio che mi volevo togliere… riesci a girarmi il numero?”. E il collega risponde: “Te la faccio sentire abusivamente non ti preoccupare”.
La bella vita dell’appuntato Montella, proprietario di una villa e di 11 auto e 16 moto
Le voci delle loro violenze circolavano da tempo in città. Perché la loro condotta veniva tollerata? Perché “il clan dei carabinieri” si tutelava con il numero elevato di arresti. Portavano risultati quantificabili, e questo serve a fare carriera e serve alla politica per fare facile comunicazione. Chi totalizza più arresti è il migliore e viene in qualche modo “protetto”. Il maggiore Stefano Bezzeccheri, comandante della compagnia di Piacenza, chiede all’appuntato Montella di fare più arresti, e i magistrati scrivono nell’ordinanza: “In presenza di risultati in termini di arresti, gli ufficiali di grado superiore erano disposti a chiudere un occhio sulle intemperanze e sulle irregolarità compiute dai loro sottoposti”.
Il tutto confermato anche dal nuovo maresciallo che arriva in caserma. Il militare confessa al padre: “Se lo possono permettere perché portano i risultati, portano un sacco di arresti l’anno. Ma perché? Perché hanno i ganci…”.
Il pm Pradella ha chiesto anche la copia dei certificati di encomio formale che il gruppo, per gli arresti a ripetizione, riceveva da Bologna, su proposta del comando provinciale di Piacenza. Encomi che, a ben vedere, facevano bene alla carriera di tutta la filiera. Tutto ciò potrebbe servire a individuare i “ganci” nelle alte sfere, come li definisce in un’intercettazione il giovane maresciallo Riccardo Beatrice, assegnato alla Levante la scorsa primavera. Quei “ganci” che in questi anni li hanno protetti, coperti e tutelati.
Come facevano questi carabinieri ad aver costruito un’organizzazione del genere senza l’alleanza e l’accordo con le ‘ndrine?
“Loro stessi cercano (arrestano e pestano a sangue) uno spacciatore che mette sul mercato erba a minor prezzo rischiando di distruggergli la piazza, cosa che farebbero anche le cosche con loro” racconta Roberto Saviano. Un accordo c’è stato certamente ma per ora non sono accusati di associazione mafiosa. Piacenza è terra con forte presenza di ‘ndrangheta. A giugno 2019, ad esempio, è stato arrestato per ‘ndrangheta Giuseppe Caruso, il presidente del Consiglio comunale di Piacenza. I carabinieri della “Levante” sono quasi tutti di origine campana e calabrese e hanno un legame strettissimo con gli spacciatori Daniele Giardino e i suoi fratelli (Simone e Alex): è lì la pista che ci porta dritti alle organizzazioni criminali calabresi e alla mediazione con loro. “Il patto tra crimine organizzato e carabinieri infedeli è la parte più oscura e che merita approfondimento di questa incredibile storia”.
di Antonio Del Furbo
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