Che ormai da trent’anni la politica sia succube della magistratura è risaputo. Soprattutto, è sotto gli occhi di tutti. Il potere giudiziario, da troppo tempo, detta l’agenda politica dell’Italia senza che nessuno abbia mai gridato allo scandalo. Oggi, in occasione della vicende Bonafede-Di Matteo, qualcuno, che conosce bene certi ambienti, ci va giù duro.
“Ma come si permette un magistrato della Repubblica di attaccare il ministro della Giustizia in diretta televisiva?”. A chiederlo è Mario Mori, generale dei carabinieri in pensione, ex comandante del Ros e direttore del Sisde. Mori è sotto processo da un bel po’ di anni: tre i processi aperti contro di lui dai magistrati siciliani.
Per il primo l’accusa era di favoreggiamento a Cosa nostra per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina. Con lui imputato anche il capitano Ultimo. Il processo si è concluso con l’assoluzione per entrambi. Nel secondo processo l’accusa era di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano. Di Matteo, che rappresentava la pubblica accusa, aveva chiesto una condanna a nove anni di carcere. Alla fine è arrivata anche in questo caso l’assoluzione, sia in Tribunale che in Corte di Appello. In piedi c’è ancora il processo sulla “Trattativa Stato-mafia”. L’accusa è rappresentata nuovamente da Di Matteo. L’appello è ora in corso dopo che ad aprile del 2018 la sentenza di primo grado ha condannato Mori a dodici anni di carcere.
“Quello che è accaduto l’altra sera in tv è semplicemente aberrante” spiega Mori a Il Riformista. “Io che ho qualche anno sulle spalle non ho memoria di un magistrato che si rivolge a un ministro con quei modi. È mancato totalmente il senso delle istituzioni.” E aggiunge: “Io parlo ora che sono in pensione. Quando ero in servizio non mi sono mai permesso di criticare i miei comandanti o l’autorità politica.”
Poi, l’ex generale in merito al rapporto politica-giustizia, spiega: “Io non ho mai creduto alla sudditanza psicologica. Penso invece che molti abbiano una grande coda di paglia. Soprattutto la classe politica. È impossibile esprimere una critica nei confronti di un magistrato in questo Paese. Tutti hanno paura. Adesso se mi espongo chissà cosa succederà, si domandano.”
Nello specifico della vicenda Bonafede-Di Matteo conclude: “attaccare Bonafede è come sparare sulla Croce rossa. È Di Matteo a dover essere criticato. L’unico che ha preso posizione sulla vicenda è stato Armando Spataro, un magistrato in pensione. Siamo indifesi. L’ultimo pm della Procura di Guastalla ha un potere immenso. Può mettere sotto indagine il presidente del Consiglio. Anzi, pure il Papa. Chi ha il coraggio di dire qualcosa?”