Casamonica: è mafia. Maxi processo con 40 condanne
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Sono quaranta le condanne a carico dei capi e degli affiliati al clan. Inoltre, è stata anche riconosciuta l’aggravante mafiosa.

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Finisce così il maxi processo nei confronti del clan dei Casamonica. L’intraducibilità del dialetto sinti, l’inaccessibilità dall’esterno del clan, il “deserto” di sentenze alle quali rifarsi, tutti elementi sottolineati dal pm Giovanni Musarò nel corso della sua requisitoria e che avevano complicato il processo. A Roma i Casamonica sono stati storicamente accompagnati da un’aura di impunità. La Procura aveva scommesso sull’aggravante mafiosa nei confronti dei 44 imputati, portata avanti soprattutto attraverso le dichiarazioni dei tre pentiti Debora Cerreoni, Roberto Furuli e Massimiliano Fazzari la cui attendibilità, messa in discussione dalle difese, è risultata in seguito confermata.

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Furuli e Fazzari hanno raccontato la fama del clan, la considerazione di cui godeva presso organizzazioni mafiose tradizionali come la ‘ndrangheta. La Cerreoni, invece, ha aiutato a ricostruire l’organigramma e i rapporti di forza interni alle famiglie. Estorsioni, usura, intimidazioni ma anche detenzione di armi. Questi erano i reati contestati. Tra gli episodi entrati a far parte del processo quello di Fabio Sulpizzi, pestato da Pasquale Casamonica per un suo debito e convinto a non denunciare. Christian Barcaccia, titolare di un negozio di arredamento dove il clan era solito fare spese senza pagare. Marco Alabiso che, a fronte di un prestito di 5mila euro, era stato costretto a versarne 10mila in un anno. Simone Formica che, in cambio di 800 euro prestati, aveva dovuto versarne 50mila a Ottavio Spada, socio del clan.

Minacce e occupazioni

Fuori dal perimetro processuale la vicenda di Ernesto Sanità, al quale i Casamonica occuparono casa, un alloggio popolare a Pietralata e che per sopravvivere fu costretto ad adattarsi a dormire in strada. Rientrato in possesso dell’alloggio nel 2018 fece appena in tempo a goderselo prima di morire due anni dopo. Quanto alla contestazione di associazione mafiosa vera e propria la Procura aveva incassato un assist nei mesi scorsi con la condanna di Lucia Gargano, l’avvocatessa che partecipò al pranzo nel quale fu siglata la pax mafiosa su Ostia fra i Casamonica, Piscitelli “Diabolik” e il gruppo criminale che faceva capo a Marco Esposito detto “Barboncino”. La condanna inflitta alla Gargano aveva finito per testimoniare la caratura criminale e i metodi mafiosi adottati dal clan.

Il blitz

A ottobre 2020 furono abbattute, in via Fratelli Marchetti Longhi a Roma, alcune villette abusive dei Casamonica. Otto costruzioni, tra villette con piscina e capannoni, riconducibili al clan mafioso dei Casamonica. Il complesso, era stato sequestrato nel 2010. Operazione che seguì il precedente sgombero e abbattimento avvenuti il 20 novembre 2018, di otto villette dei Casamonica in via del Quadraro.

Nelle villette alcuni stranieri

“È un’operazione concertata, di quelle che si possono portare a termine solo con una collaborazione istituzionale a 360 gradi” diceva il sindaco di Roma, Virginia Raggi. “L’amministrazione c’è e va avanti compatta perché sono segnali importanti. Per troppi anni a Roma si è tollerato tanto di tutti questi abusi. Noi stiamo lavorando anche in altri municipi e adesso piano, piano si arriverà da tutte la parti”. Nelle case furono trovati una decina i cittadini stranieri che abitavano nel complesso di miniappartamenti.

Statue, quadri e bottiglie di champagne

Statue di leoni, quadri di cavalli, foto della famiglia : lo stile kitsch che contraddistingue il clan, anche all’interno di una delle ville. E ancora, la piscina con il trampolino, palme in giardino e, tocco di classe, una enorme bottiglia di champagne in bella mostra sul camino in un salotto. Nella tarda mattinata, sono entrate in funzione le ruspe, per buttare giù il complesso residenziale. I lavori di abbattimento, iniziati da un caseggiato in legno e da una struttura in pietra non ancora completata proseguirà nel corso della giornata e per tutta la settimana.

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